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Storytelling - Manuela Calzini

Il pensiero che assilla molti cittadini di Trinitapoli che ogni giorno, in vari contesti di lavoro e di attività socio-culturali, si fanno in quattro per cancellare lo stigma di città malavitosa, è: “che fare?"

 

Come si può contribuire a rompere la cortina di diffidenza? Come si può ridare fiducia ai giovani che stanno scappando dal nostro paese?”. Sappiamo bene che non esiste una bacchetta magica e che l’attuale gestione commissariale non potrà fare miracoli in una città che presenta una lunga serie di criticità antiche.

 

Ed allora bisognerebbe trovare un modo per collaborare e per costruire “ponti e non muri”, come ripete spesso Papa Francesco, ponti tra una persona e l’altra, ponti tra un’associazione e l’altra, ponti tra una scuola e l’altra, ponti tra una parrocchia e l’altra, ponti tra un quartiere e l’altro, ponti tra i cittadini e i commissari prefettizi che ci governano.

 

C’è qualcosa che può rianimare una comunità e che riuscirebbe a far emergere il bello che esiste in ogni luogo ma anche in ogni persona, soltanto se divenisse una specificità del paese.

 

Mi riferisco allo “storytelling”. Di cosa si tratta? Il termine storytelling è formato da due parole inglesi: story e telling. Letteralmente può esser tradotto in italiano: raccontare una storia, comunicazione narrativa o anche comunicazione creativa.

 

Lo storytelling è una tattica di comunicazione che si rivela davvero potente. Noi possiamo anche parlare e scrivere, ma il raccontare storie attraverso lo storytelling ha spesso una carica emotiva che convince di più. Perché riesce a trasferire al target idee e punti di vista in maniera estremamente diretta e coinvolgente.

 

Tra l’altro, il cervello umano è particolarmente predisposto a dare attenzione alle storie. Già i miti antichi erano storie. Le persone di quei tempi si lasciavano guidare nella vita prendendo spunto da quei racconti fantastici. Quelle storie erano cariche di indicazioni pratiche e morali: guidavano i comportamenti. Sono passati millenni, ma lo storytelling ha ancora un forte potere sulla mente umana. Le storie ci affascinano, ci ispirano.

 

Dunque, raccontare una storia, servendosi di gesti, toni e parole adeguate, potrebbe diffondere in men che non si dica gli aspetti più significativi di un luogo o di una persona. Trinitapoli ha un luminoso lato A che deve prevalere su un lato B più oscuro.

 

Molti troveranno questa tecnica inconsistente e parolaia. Eppure l’idea delle Biblioteche Umane, tanto diffuse nel nord Europa, nasce proprio da questa attitudine umana al racconto. Un laboratorio svolto dal Centro di Lettura Globeglotter a Trinitapoli con un'esperta italo-inglese, la professoressa Manuela Kelly Calzini, dette il via alla realizzazione dei “Libri parlanti”, le video registrazioni delle storie raccontate dagli anziani che, oltre ad aver avuto migliaia di visualizzazioni, hanno reso molto popolari frasi, oggetti ed eventi.

 

La proposta di far raccontare storie particolari da persone altrettanto particolari, la rivolgeremo a varie istituzioni (scuole, parrocchie, biblioteche) per cercare di costruire una rete di storyteller, cioè di narratori, che comunicano di volta in volta agli ascoltatori squarci di vite eccellenti, creative, spericolate, drammatiche, insomma allegre o tristi che dir si voglia.

 

Questa idea è anche suggerita dalla giornalista e scrittrice, Benedetta Tobagi, figlia del giornalista Walter Tobagi assassinato dalle Brigate Rosse nel 1980, che ha sempre considerato il “racconto” un modo per fare ordine nel caos.

 

“Dove c’è stata devastazione,
il racconto ricostruisce una forma, ritesse i fili, ristabilisce i collegamenti spezzati.
Il racconto è zattera in mezzo al naufragio,
arca di Noè dopo il diluvio,
tenerezza al posto dell’orrore,
voce anziché silenzio,
giustizia contro la violenza,
ordine nel caos,
argine all’oblio.
La vita continua nel tempo del racconto...” (Benedetta Tobagi)

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via: Corriereofanto

 

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