"Cosa significa insegnare? Che cos'è insegnare? Quand'è che uno è un insegnante vero?" Quando Michela è solo una bambina e le chiedono quale sia la sua vocazione, lei, di getto, risponde: la maestra.
Passo dopo passo la seguiamo al liceo, all'università, al lavoro, nel suo percorso di incontri, di intoppi, di tentennamenti nella definizione di quel che è il ruolo dell'insegnante. A guidarla, nel suo interrogarsi, l'incontro con i testi di Don Lorenzo Milani e la portata rivoluzionaria dell'esperienza della scuola di Barbiana. "Barbiana era niente: non era un paese, non era un villaggio, ma solo una chiesa con una canonica su un monte, a 7 km dal primo centro abitato. Senza strada, senza luce, senz'acqua, senza mezzi, senza popolo, senza futuro, senza speranza. Solo una manciata di persone in poche case nel bosco, isolate fra di loro. Barbiana, però, sarà il luogo dove l'utopia diventerà realtà. Qui don Milani si inventa una scuola popolare in canonica, una scuola per tutti, a tempo pieno, dove i ragazzi lavorano insieme e chi sa di più sostiene chi sa di meno. E una scuola unica al mondo: per allievi, per orari, per contenuti, per obiettivi, metodi e insegnanti. Una scuola poverissima, dove tutto si costruisce giorno per giorno: i tavoli, le sedie, le cartine, i materiali didattici. A insegnare sono gli stessi studenti. In dichiarata contrapposizione al "Me ne frego" fascista, Don Milani decide di adottare il motto intraducibile della meglio gioventù americana e lo fa scrivere su un grosso cartello all'ingresso della scuola di Barbiana: "I care": mi importa. Mi interessa, ho a cuore. Mi prendo cura."
Scritto da Michela Diviccaro
in collaborazione con Margherita Cristiani
Prodotto da Centro Diaghilev
Coprodotto da Teatro dei Borgia
Regia Michela Diviccaro
Aiuto regista Alfio Montenegro
Supervisione artistica Gianpiero Borgia
Scenografia Desiderio e Nicola Lemma
Tecnico di scena Pasquale Doronzo
Foto di scena Eddie Daniele Notaristefano
Si ringraziano Delia Tondo, Raffaella Distaso e Ruggiero Balzano