Dieci donne si raccontano per lasciare una traccia di sé. Giorgia Giuliano / Valentina Lastella
Giorgia Giuliano, ogni giorno in/forma con le sue 5C
“Sei giovanissima!”: me lo ripetono in continuazione. Sarà! Perciò ho capito che i miei 26 anni dipendono sempre da chi li dice. Vivo a Milano dove ho studiato “Comunicazione, Media e Pubblicità”. Dopo il Master i n “Food & Wine Communication” ho iniziato a scrivere delle debolezze delle persone ossia bere e mangiare. Tutt’ora collaboro da freelance con alcune testate e ho lavorato come copywriter in agenzie di comunicazione. Ho cominciato da poco a studiare sceneggiatura, perché mi piacerebbe vedere che faccia fanno le mie battute. Se i miei articoli seguono le “5W”, io seguo le “5C”: le chiamo così, le cinque cose che faccio ogni giorno.
La corsa: corro da diversi anni, ma corro veloce soltanto da due. La velocità non è qualcosa che si acquisisce in fretta.
La creatività: in quello che sono e in come lavoro. Così mi sembra persino di non lavorare.
La curiosità: per chi non è curioso, il mondo sembra non avere ciccia. Siate curiosi.
Il contesto: non trascuro chi mi sta intorno e dove mi muovo.
Il collaterale: mi affascinano anche le cose che non m’interessano. Mi piace conoscere ciò che è totalmente opposto e distante da me. Ho (finalmente!!) iniziato a scrivere libri. Il primo, ChampsÉlysées a Shibuya, è stato pubblicato a settembre. I miei libri raccontano il Giappone: mi sento molto allineata con il pensiero giapponese perché per quanto complicato si esprime con parole semplici. Narrativa e cinema giapponese (d’animazione incluso) e cucina nipponica sono tra le cose che leggo e guardo di più, ma anche tra quelle che vorrei mangiare di più. Sì, lo so che sono pugliese. Nella mia vita non posso che continuare a scrivere e intendo farlo con leggerezza e con disincanto: sostengo chi parla della realtà facendola sembrare una bella fiorentina al sangue. Gustosa, ma sempre un po’ cruda. Per questo motivo, mi sono promessa di dire sempre la verità nei libri che scrivo.
Il destino delle donne per secoli è stato scritto dagli uomini. La famiglia con la divisione dei ruoli, l’insufficienza di servizi sociali e la disoccupazione femminile rendono ancora lontana l’effettiva parità dei sessi. Una giovane professionista come te, sempre “curiosa degli anni che non ha vissuto”, come si immagina il futuro delle sue coetanee?
Il futuro appare sempre come uno scenario troppo lontano. Fa subito pensare a una conquista talvolta persino a un riscatto. Come se il presente fosse solo una fase transitoria in cui ognuna di noi assomiglia alla carrozza di un treno che viaggia verso l’appagamento e le esperienze compiute. E invece, il futuro non è altro che un oggi dopo l’altro. Pertanto, non voglio fare una previsione su come m’immagino il futuro delle mie coetanee, perché sennò mi sembrerebbe di star facendo loro un augurio. Un’accortezza gentile, sì, ma nei fatti poco concreta. A causa del Covid, a perdere il lavoro sono state innanzitutto le donne: per come lo leggo sui giornali, il ruolo della donna nella società è continuamente percepito come una lacuna. Eppure, nella mia (ancora poca) esperienza, essere donna non è mai stato un problema: ho raggiunto ciò che volevo raggiungere senza troppe difficoltà. Pertanto, sono del parere che il binomio uomo-donna stia davvero diventando una questione troppo ridondante. Una cantilena. Credo si sia persino perso il senso di questo confronto. Io non sono né per la parità e né per il sorpasso. Né tantomeno per la rivendicazione di genere. Io sono per l’unicità di ognuno.
Valentina Lastella affascinata dall’inquietudine migratoria degli uccelli
Ventitré anni: sono una giovanissima donna, o una ormai vecchia bambina, e mi chiamo Valentina. Mi sono laureata in biologia, passando fortunatamente molto tempo tra rovi, fango, cinghiali e lupi.
Mi piace l’inquietudine migratoria degli uccelli e mi accompagna ogni momento, infatti volevo fare la zoologa, ma poi me ne sono andata a Ravenna a studiare analisi e gestione dell’ambiente, a mangiare piadina romagnola e chimica degli inquinanti. Il mio sogno è la Ricerca, sarebbe un onore farne parte e poter lavorare nel mondo accademico. Credo nella Scienza e nel progresso, ottimisticamente, e nella sua corsa in avanti, per un bene più grande, quello comune.
Grande è il valore che la società concede alla bellezza del corpo femminile e, mentre molte donne lottano ogni giorno (senza tacco 12) per conquistare posti e mestieri storicamente dominati da uomini, la cultura maschilista esalta il modello di una donna sempre giovane e fisicamente attraente che si “appara” a festa per sedurre. Le ragazze della tua età si difendono da questo stereotipo oppure ne sono acriticamente contagiate?
La percezione della bellezza è tutt’altro che una concessione della società. Le sue radici sono profonde, istintuali, evolutive: parlano la lingua dei geni migliori da trasmettere alla prole. L’uomo ha solo avuto l’abilità di elevarla, di renderla spirituale, e poi ha compiuto la bestialità di strumentalizzarla in meccanismo di sottomissione. La lotta allo stereotipo, tuttavia, non si combatte ponendo l’accento su un tacco dodici indossato o no: il rischio di creare uno stereotipo nello stereotipo è dietro l’angolo. Non è il tacco, né l’anti-tacco, la lotta. Ma la libertà di indossarlo o meno, e di essere riconosciuta comunque partecipe di una rivincita sociale, di essere unità nell’insieme che si muove verso la parità. Le ragazze della mia età si spogliano delle pressioni sociali, e indossano quello che a loro pare e piace: per sé stesse. La parità vera la raggiungeremo quando non avremo più necessità di porci questa domanda, quando sarà implicito che è la mia volontà a muovere il mio apparire.