Ho conosciuto la signora Dina Filannino sui social proprio nel periodo in cui stavo pensando di cancellare il mio profilo Facebook. Talvolta, mi infastidiscono dibattiti fasulli sul niente, foto, o meglio, foto-copie di comitive che brindano in posa e i post infarciti della retorica e dei pregiudizi degli esperti di giornata.
Per caso, un giorno ho incrociato la sua pagina piena di belle foto, di commenti ironici su di sé e di “buongiorno” mattutini a volte teneri e allegri, oppure arguti e pungenti.
“Non prendetevela con i social, la gente era scema anche prima. Il fatto è che prima lo sapevano solo in famiglia. Buongiorno”. Questo saluto sembrava scritto proprio per me: un chiaro invito a ridimensionare Facebook in un “non luogo pubblico” dove circolano pensieri, opinioni, ma anche tante baggianate.
Incuriosita da questa donna battagliera, ho voluto conoscerla. Non avrei mai immaginato che il suo buonumore, i suoi sorrisi fossero il risultato della ferrea volontà di una persona decisa a superare tutti gli ostacoli che la vita ha posto sul suo cammino.
Molti ti conoscono, come me, dai “buongiorno” che ci regali su Facebook. Ti vuoi presentare ai lettori e ai tuoi followers?
«Certo! Alla fonte sono Leonarda Filannino, ma tutti mi chiamano Dina. Sono nata a Barletta nel 1975 e sono sempre vissuta a Trinitapoli, dove mi sono sposata e ho avuto una figlia. Sono stata molto segnata dalla vita, ma nonostante tutto sono riuscita ad andare avanti. Ho sempre preteso il massimo da me stessa come mamma, come amica, come sorella, come figlia e come compagna di vita».
Ma quali sono stati gli avvenimenti che ti hanno lasciato cicatrici profonde?
«Lavoro dall’età di 14 anni e da allora non ho mai smesso. Sono cresciuta in una famiglia di nove persone, in cui le dimostrazioni d’affetto erano rare. La mancanza di denaro in casa rendeva me e i miei fratelli sempre più insicuri. Malgrado ciò, ci volevamo un mondo di bene e ci dividevamo fra di noi quel poco che c’era. Questo mi ha reso più forte, perché sin da piccola ero in grado di apprezzare ciò che la vita mi offriva.
Avrei voluto continuare gli studi ma non ho potuto farlo, perché dovevo aiutare la famiglia. Così, dopo le scuole medie, cominciai a lavorare in un tomaificio. Il lavoro mi piacque e divenni operaia specializzata.
A 16 anni mi fidanzai e dopo 7 anni, nel 1997, pur di andare via da casa dei miei genitori, mi sposai. I primi mesi di matrimonio furono un vero disastro. Già da subito, io e mio marito non andammo d’accordo. Dopo un anno nacque mia figlia. I litigi erano all’ordine del giorno e fui costretta a chiedere la separazione. Dopo 4 anni di matrimonio mi ritrovai sola a badare a tutto. Fu così che tra mille problemi, senza l’aiuto della mia famiglia, alla quale non avevo riferito nulla, sono riuscita a far crescere serenamente mia figlia senza procurarle traumi.
Nello stesso periodo i tomaifici della zona andarono in crisi e persi il lavoro. Riuscì a farmi assumere da una famiglia, come donna delle pulizie».
Che cosa ti ha dato la forza di resistere e di riconquistare la tua fetta di felicità?
«Ho vissuto da sola con una bambina. Mi sono rimboccata le maniche, ho abbandonato sogni e ambizioni e mi sono fatta in quattro per non farle mancare nulla. In compenso mia figlia mi ha dato tanto amore, attenzione e solidarietà. Grazie a lei riuscivo a trovare il lato positivo delle cose, ad essere felice e ottimista.
Da allora sono trascorsi più di 20 anni, durante i quali mi sono impegnata a studiare e a prendere il diploma di ragioniera. Anche mia figlia ha studiato, si è laureata e lavora come infermiera a Ferrara».
Ora che hai sistemato tua figlia è arrivato il momento di pensare anche a te?
«Da qualche anno ho un compagno, il fotografo margheritano Salvatore Lanotte. Con lui la mia passione per la fotografia è diventata un lavoro. Non mi ritengo speciale e nemmeno unica, ho solo combattuto con le unghie e con i denti per non farmi vincere dallo sconforto.
Ho avuto la fortuna di aver conosciuto persone stupende che mi hanno aiutato nei momenti di difficoltà.
Amministro da 10 anni un gruppo su Facebook, chiamato “Trinitapoli e i suoi dintorni”, con oltre 16.500 membri. L’ho creato per gridare a tutto il mondo che la vita è bella e che l’amore è la medicina miracolosa che guarisce tutte le ferite».
ANTONIETTA D’INTRONO
Via: Corriereofanto