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A febbraio 2021 moriva Sabino Russo, un artista trinitapolese poliedrico e “sui generis”, che è vissuto 86 anni immagazzinando parole, immagini, versi, storie, colori, oggetti e foto per regalare emozioni e ricordi ai suoi compaesani.

Lungo è l’elenco delle sue passioni, che spaziavano dalla scrittura di saggi a quella di poesie, dalla fotografia alla diffusione del dialetto, dall’archeologia alla pittura, dal teatro alla cultura etnografica. Sua fu l’idea, purtroppo mai realizzata, di istituire un museo etnografico che potesse raccogliere tutti gli attrezzi della civiltà contadina e dei mestieri antichi. È stato socio fondatore dell’Archeoclub, l’associazione che spesso allestiva, in occasione di feste popolari, mostre con i numerosissimi oggetti che Sabino Russo conservava gelosamente nella sua casa.

Molto riservato, in vita ha sempre cercato di restare “invisibile”, come lo ricorda suo figlio Mino. Spirito libero, non amava le luci della ribalta, ma preferiva creare nel silenzio, perché, per lui, avrebbero parlato i quadri, le poesie, le ricerche storiche, le foto e le scenografie che realizzava. Sarebbero state le sue opere a raccontare chi era Sabino Russo, Savino per gli amici, e non ci sarebbe stato bisogno di nessuna presentazione o cornice pubblica. E così è stato. I cittadini lo ricordano ancora con immutato affetto.

I suoi tre figli avevano voluto lasciare intatta la sua casa-museo, ma dopo 4 anni dalla sua morte sono stati costretti a svuotare le stanze per poter iniziare la ristrutturazione dell’immobile.
Noi fortunati (la sottoscritta, il suo grande amico Giuseppe BeltottoDon Peppino Pavone e il professor Pietro Di Biase) abbiamo avuto l’opportunità di dare un’occhiata a quanto è riuscito a conservare e ci siamo resi conto che tutto quello che aveva accumulato Savino nella sua operosa vita sarebbe bastato a riempire un museo con annessa biblioteca e pinacoteca.

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Di lui rimangono l’ampia collezione dei suoi quadri a olio su tela e scatoloni pieni delle sue 4 pubblicazioni: Le masserie in trincea (Miulli, 1993), Indietro nel tempo presente (Litografia 92, 1995), Io mi ricordo - Frammenti di vita paesana (Del Negro, 1998) e La voce (Miulli, 2008).

A questi si aggiungono una marea di vecchi attrezzi di lavoro, una collezione di libri sui dialetti e le tradizioni delle città della Puglia, album di foto in bianco e nero degli anni ’60, collezioni di santini e di documenti. Inoltre, frutto delle sue ricerche sulle dimore rurali e delle relative visite alle masserie della zona, è il ritrovamento di un’epigrafe su pietra che Savino recuperò fortunosamente dalla masseria “De Biase”.

Era questa, come egli scrive nel suo libro, una masseria fortificata costruita nel 1833, situata nella contrada “Posta Grande”, sul tratturello Cerignola-Trinitapoli. Aveva due garitte, disposte agli angoli ad est e ad ovest, utili per osservare, tramite delle feritoie, l’eventuale arrivo di briganti. Il primo piano era riservato all’abitazione padronale, mentre le stalle si trovavano al piano terra. Del complesso faceva parte anche una chiesetta dedicata a Sant’Antonio, con sulla facciata una lapide di marmo pregiato (cm 65 x 84), che ricorda l’anno e le motivazioni che portarono alla sua costruzione principale.

Che fine faranno questi preziosi “messaggi” provenienti dall’artista Savino Russo? Nulla andrà perduto. Gli attrezzi della civiltà contadina arricchiranno il museo civico etnografico di San Ferdinando di Puglia, diretto dal prof. Savino De Facendis, che tra l’altro è stato suo compagno di scuola. La lapide verrà sistemata nel giardino della parrocchia della Madonna di Loreto, le foto in bianco e nero, emblema di un’intera epoca, saranno scannerizzate da Giuseppe Beltotto e conservate nell’istituendo archivio storico fotografico. Le centinaia di copie dei volumi scritti da Savino saranno distribuite gratuitamente ai partecipanti dei futuri incontri culturali che avranno luogo in biblioteca e durante le iniziative programmate per il concorso di poesia dialettale intestato al poeta Peppino Lupo.

La collezione di libri sui dialetti e altri volumi antichi saranno invece donati alla biblioteca civica di Trinitapoli. Savino Russo recuperò pure un quadro a olio, raccolto probabilmente dalla miriade di foto, documenti e quadri sottovalutati e buttati nei rifiuti dai vecchi gestori di Palazzo Staffa dopo la morte dell’ultima proprietaria. Si tratta del ritratto di Donna Luisa Staffa, che sarà restaurato e che forse verrà esposto in un futuro museo di storia locale, ancora assente nella città di Trinitapoli.

Savino Russo rivivrà ogniqualvolta verrà letta una sua poesia, una sua storia o verranno ricordate le masserie ormai diroccate dei dintorni, che sopravviveranno nel suo libro alla mannaia del tempo.

ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)

 

Via:Corriereofanto

 

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