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premio lupo

Il 21 agosto 2018 moriva Peppino Lupo, un trinitapolese eccezionale che nella vita non ha fatto soltanto il maestro elementare, ma è stato anche poeta, contastorie, pittore, contadino, pescatore, cacciatore, fotografo naturalista e anche filosofo, come era solito scrivere sul campanello della sua villetta quando attraversava momenti intensi di riflessione esistenziale.

Peppino Lupo è stato il personaggio principale di un romanzo di avventura che, al pari del poeta portoghese Fernando Pessoa, riteneva che ci fosse più di una vita in una sola vita. Tutte le attività e le passioni che lo infiammavano sono sempre state totalizzanti. Il “Peppin pescatore” come lo chiamavano scherzosamente, non si limitava a pescare una “mangiata di cozze e vongole”, ma percorreva il mare in lungo e in largo per portare a riva il grande pesce-trofeo di 10 chilogrammi che poi condivideva con gli amici a tavola.

E così è stato per la pittura. I suoi inconfondibili paesaggi pugliesi, i suoi nodosi alberi di ulivo, sono stati esposti in mostre collettive insieme a grandi pittori come Remo Brindisi.

Ma è nella poesia in vernacolo che il genio artistico di Peppino ha lasciato una traccia indelebile. Il suo grande amore per “la parola” ha prodotto versi bellissimi, impreziositi dalle sonorità e dalle metafore del suo dialetto. (Approfondimenti)

Trinitapoli, grazie a Peppino Lupo, rimarrà nell’immaginario collettivo “na ciamboite de casere spannoute o’ saule”, un gruppo di case stese al sole, un bel paese dove “lo scirocco porta l’odore del mare e il favonio infiamma il cuore”. La sua poesia “U casoile” è ormai la carta di identità di Trinitapoli, al punto che ben potrebbe essere scritta su un’insegna all’ingresso del paese.

Peppino Lupo rimane l’esempio di un uomo instancabile, il “contastorie” per eccellenza che beveva la vita a grandi sorsi. È riuscito pure negli ultimi anni della sua vita, nonostante i suoi già gravi problemi di salute, a non rinunciare alla voglia di conoscere il mondo e di scoprire nuove culture e paesaggi. Quando il suo caro amico Peppino Beltotto lo ha invitato a viaggiare con lui, Peppino lo ha seguito con l’entusiasmo di un ragazzino in Turchia, Namibia, Malesia e Marocco.

E tra un viaggio e l’altro ha riempito i vuoti con le proiezioni in DVD delle sue foto scattate nella zona umida e con la recitazione delle sue poesie in vernacolo sia a Trinitapoli nelle serate estive di “Poesia sotto le stelle”, organizzate dalla Parrocchia Madonna di Loreto, che in trasferta a Sesto San Giovanni, al cospetto di centinaia e centinaia di casalini emigrati al nord. Non ha trascurato neanche la conclusione della sua opera monumentale che considerava di “fine corsa”, cioè la traduzione in dialetto del Vangelo.

Tantissimi sono i racconti, gli aneddoti e le battute legate ad eventi della sua esistenza che ancora oggi vengono citati e rallegrano incontri sia pubblici che privati. Emblematico è stato, 6 anni fa, il commento di tutti coloro che, leggendo la notizia della sua dipartita sul manifesto mortuario, ripetevano ad alta voce i versi di una sua famosissima poesia: “Ma non era vecchio assai, altri quattro anni poteva campare”.

Il foto-viaggiatore Peppino Beltotto, suo grande amico, e il Centro di Lettura Globeglotter, di cui Peppino Lupo è stato per anni socio onorario, stanno attivandosi per istituire il premio di poesia dialettale intestato a lui per valorizzare la lingua madre del paese e per ricordare ai futuri nuovi poeti in vernacolo un maestro delle parole.

Sarà distribuito a fine settembre, in numerose occasioni di incontro, il regolamento che stabilirà fasce di età, date di scadenza e numero delle liriche da inviare per concorrere al premio, che sarà assegnato durante una manifestazione pubblica presumibilmente nell’istituto scolastico dove il poeta Peppino Lupo ha insegnato per 40 anni.

Si spera di poter trasmettere ai giovani non solo il suo amore per il dialetto, ma anche l’energia vitale di un uomo che non ha sprecato neanche un giorno della sua vita.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via:Corriereofanto

 

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