Il professor Antonio Zingrillo è stato uno studioso della lingua italiana, un dialettologo ed un esperto di strategie didattiche finalizzate a recuperare gli studenti definiti ingiustamente “asini”.
È morto nel 1997 e la Scuola Media Garibaldi di Trinitapoli, dove ha insegnato per molti anni, gli ha intitolato la sala dei docenti. Oltre ai numerosi saggi ed articoli pubblicati durante la sua breve vita, ha lasciato ai suoi compagni di studio una divertente collezione di “refusi” di cui era cultore ed una ricerca linguistica e letteraria sull’asino, animale per cui nutriva una smisurata simpatia.
Il refuso, l’errore grafico/tipografico casuale era per lui uno squarcio di verità: la scoperta di geniali e surreali possibilità espressive. “Come si poteva rimanere indifferenti - diceva il professore - di fronte ad un errore che crea nuove opportunità di comunicazione?”.
Alcuni suoi esempi serviranno a comprendere che cosa per il prof. Zingrillo poteva scattare nella mente degli studenti demotivati.
Un volume sulla “Caccia delle Allodole nella valle dell’Ofanto” stava per andare in stampa con il titolo “La cacca delle allodole nella valle dell’Ofanto”. Chissà, scherzava il professore, quale dei due titoli sarebbe stato più interessante per i lettori!
Tanti furono i refusi trovati nei libri e nei quotidiani che gli fornirono ampia materia per riflettere e scrivere sulla forza creatrice dell’errore.
Indimenticabili sono “la sacra sindone” ribattezzata “la sacra sincope”, il mal di pancia causato dall’abuso serale di “militi” (mitili!) e l’avviso affisso in una ASL della Puglia “Qui si effettuano punture lombarde (lombari!)”, errori che avrebbero potuto ispirare tante storie anche ai ragazzi meno impegnati nello studio.
Gli studenti definiti “ciucci” per lui non erano altro che ragazzi da rianimare con unità didattiche tutte scoppiettanti di giochi linguistici.
Nel suo volume “Giochi di Linguaggio - Versi, per/versi, controversi, inventari, giochi d’artificio, lucchetti, inventa parole” (Cappelli Editore, 1993), di cui sono coautrice insieme al poeta Giuseppe Lupo, il brano su “L’asino ribelle” introduceva 230 detti popolari sull’animale più bistrattato dalla cultura scolastica, una ricerca durata anni insieme a quelle di tanti altri modi di dire, proverbi e “frasi fatte” italiane e straniere.
Gravemente malato si preparò spiritualmente alla sua “fine, dipartita, scomparsa, volo in cielo, sonno eterno ecc. ecc.” studiando tutte le metafore del mondo create dalla fantasia popolare per attutire la drammaticità del verbo “morire”.
Ebbe il tempo, prima di “spirare l’ultimo respiro”, di raccontare con divertita soddisfazione l’esito che un refuso aveva avuto nella vita di un suo ex alunno, diventato affermato dirigente di un calzaturificio. La decisione di assumerlo fu presa dai suoi datori di lavoro dopo aver letto nelle sue note biografiche la frase: “grande è stata la mia passione per la suola (scuola!)”.
Talvolta la perdita di una lettera può mettere in evidenza talenti nascosti.
ANTONIETTA D’INTRONO
Via: Corriereofanto