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referensum cittadinanza

Per ragioni di studio e di lavoro, ho avuto l’opportunità di stare a contatto durante la mia vita con molti stranieri e di constatare quanto un pregiudizio possa essere causa di umiliazioniingiustizie e dolore. La conoscenza dei fenomeni migratori in Italia e nel mondo e le relazioni tra persone di diversa nazionalità sono la base per risolvere i problemi connessi con quella che spesso viene fatta passare come “l’invasione degli stranieri”.

Si ritorna ciclicamente a parlare di accoglienza, respingimenti, cittadinanza quando ci sono barconi che affondano con centinaia di morti in mare, oppure quando, come questa estate, fa notizia la vittoria olimpica delle pallavoliste Paola Egonu e Myriam Sylla. Poi tutto tace per mesi.

Di cittadinanza agli stranieri residenti in Italia se ne parla dal 1999, anno del primo tentativo di riformare la legge attuale che è in vigore dal 1992. È stato Antonio Tajani questa estate a riaprire la questione, ispirato appunto dalle vittorie olimpiche delle italiane di origine straniera.

Il leader di Forza Italia ha proposto di introdurre il cosiddetto “Ius Scholae” per concedere la cittadinanza agli stranieri che completano almeno 10 anni di istruzione obbligatoria in Italia. Infatti, sono ancora molti i minori che, pur essendo nati nel Paese da genitori stranieri, non hanno diritto alla cittadinanza. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, circa il 65% del milione di studenti stranieri, tornati in classe a settembre, sono nati in Italia. La proposta ha riavviato un dibattito pluridecennale.

Nei primi di settembre, il partito “Più Europa” e “Italiani senza cittadinanza” hanno depositato alla Corte di Cassazione un referendum abrogativo. Il quesito propone di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Mira quindi a modificare l’articolo 9 dell’attuale legge sulla cittadinanza 91/1992.

Il 24 settembre sono state raggiunte le 500mila firme per chiedere il referendum sulla cittadinanza.

A febbraio è previsto il vaglio della Corte Costituzionale sull’ammissibilità e il possibile voto potrebbe essere fissato in primavera.

Questa premessa è la sintesi di proposte politiche che tardano a trovare una soluzione condivisa.

Se si vuol capire bene una problematica di questo tipo, bisogna partire dalla realtà che ci circonda. E allora, domandiamoci: quanti sono gli stranieri nei nostri paesi, per esempio a Trinitapoli?

I residenti, alla data del primo gennaio 2023, sono 452 e rappresentano il 3,3% della popolazione casalina. La comunità più numerosa è quella proveniente dalla Romania (il 59% degli stranieri), seguita da quelle del Marocco (8,4%) e dell’Ucraina (6,4%). Non sono ancora disponibili i dati del 2024 relativi agli studenti iscritti alla scuola elementare, media e superiore del paese. Considerate le età dei residenti, riportate dall’ISTAT, bambini e ragazzi in età scolare (tra 0 anni e 19 anni) sarebbero in totale 114 (55 femmine e 59 maschi).

Di questo centinaio di probabili studenti bisognerà poi vedere chi è nato in Italia, parla l’italiano e conosce al pari dei suoi compagni di classe la storia, la letteratura e tant’altro della nazione e del paese dove studia, perché in tal caso appare assurdo che uno studente, un diplomato o un laureato, nato in Italia da genitori stranieri, non possa godere delle stesse opportunità e diritti dei suoi colleghi italiani.

Circola in questo mese sui social una vignetta nella quale un papà chiede a suo figlio, di ritorno da scuola, quanti stranieri ci siano nella sua classe. Il bambino, allibito, risponde di aver visto in classe soltanto bambini.

Abbiamo bisogno degli occhiali che i bambini usano per mettere a fuoco solo le persone e non le nazionalità dei genitori.

Restiamo umani”, diceva Vittorio Arrigoni, giornalista pacifista morto in Palestina nel 2011.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via: Corriereofanto

 

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