Blog

Grande quercia

Seduta sulla panchina leggevo i quotidiani all’ombra e alla frescura della grande quercia di Trinitapoli.

 

Di domenica il paese è silenzioso alle 8 del mattino. Sentivo soltanto le frenate delle macchine, all’angolo di viale Libertà, i cani che abbaiavano e si rincorrevano liberi nei giardini di via Marconi e il fiatone di un giovane sportivo in corsa verso la pista ciclabile.

 

Quella mattina stavano passeggiando anche due giovani papà “forestieri” con i loro piccoli per respirare, come me, a quell’ora un po’ di aria fresca dopo l’afa notturna. Si sono fermati sotto il grande cerchio ombroso della quercia e, mentre toglievano le camiciole ai loro bambini sudati, ho ascoltato involontariamente la loro conversazione in stretto accento milanese.

 

Andiamo a prendere un caffè al bar vicino alla stazione?” - ha chiesto il giovane biondo e riccioluto - “No, Luca, io il caffè lo prendo sempre a casa” - ha risposto l’altro papà bruno -.

 

I bambini si sono messi a giocare con un cucciolo che saltellava nei pressi e i due hanno continuato la conversazione.

 

Tua moglie lo fa così bene il caffè?

 

Assolutamente no. Lo faccio sempre io!

 

Ah, allora sei tu il casalingo più bravo.

 

Ma che dici, mi vien fuori una ciofeca!

 

Embèh, perché insisti e perché non lo prendi fuori al bar?

 

Non rinuncerei mai alla nostra routine mattutina per tutto l’oro del mondo.”

 

Mi alzo sempre presto e lo preparo per svegliare mia moglie che si alza appena sente brontolare la nostra vecchia caffettiera e l’aroma del caffè spargersi per casa. Viene in cucina, si siede, si guarda intorno ancora semi addormentata, si strofina gli occhi, si stiracchia le braccia e finalmente “mi mette a fuoco”! E sai che succede? Il suo viso si illumina! Capisci? Si illumina appena si rende conto che ci sono io di fronte! Beviamo insieme la nostra acqua riscaldata e per qualche secondo ci attraversiamo con gli occhi, senza parlare”.

 

«Che marca di caffè usi? Vorrei provare anche io questo caffè “luminoso”».

 

«Si, infatti è una miscela molto speciale. Si chiama “amore”».

 

Ho continuato a leggere sul giornale la cronaca dei barconi pieni di disperati che vagano nei loro mari di speranza e a dare un’occhiata veloce alle dichiarazioni di sedicenti pacifisti disponibili ad inviare armi nei paesi belligeranti.

 

Ho letto parole, parole, parole che sono poi volate via. Quasi un rovello, mi sono restate in testa solo quelle rubate in un mattino estivo e vacanziero.

 

Mi hanno fatto pensare alla nostra cecità. Basterebbe mettere a fuoco i visi, guardarli per qualche istante con gli occhi dell’amore ed ogni ciofeca della vita “si illumina d’immenso”.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

 

Via: Corriereofanto

 email2png