Rita De Iaco è nata nel 1960 a Margherita di Savoia, dove risiede con la sua famiglia. Nonostante ciò, potrebbe considerarsi a pieno titolo una cittadina onoraria di Trinitapoli, poiché dal 1989 presta servizio come dipendente comunale in questa città.
Ogni giorno, si dedica con impegno al suo lavoro presso l’ufficio gas, uno degli sportelli più affollati dagli utenti trinitapolesi della Tribigas. Rita non è solo un’efficiente centralinista; si occupa anche di stipulare nuovi contratti, disattivare vecchie utenze, registrare le letture bimestrali per le successive fatturazioni, inviare solleciti per pagamenti in sospeso, definire piani di rateizzazione con i clienti e si dedica, talvolta con notevole impegno, all’opera di recupero crediti. Nonostante abbia affrontato dolori significativi nella sua gioventù, Rita ha sempre dimostrato un carattere forte e gioioso. Questa resilienza non solo le ha permesso di superare le sfide personali, ma l’ha anche spinta ad aiutare gli altri nel suo tempo libero, in particolare stranieri, donne e anziani che conosce attraverso la Caritas di Margherita di Savoia.
Ho avuto l’opportunità di incontrarla durante una delle sue visite domenicali agli anziani, a cui porta dolci fatti in casa e condivide storie e barzellette per regalare un sorriso a coloro che spesso vivono nella solitudine.
Rita, sei una persona solare e resiliente; tuttavia, noto un’ombra nel tuo sguardo quando si accenna ai tuoi anni giovanili. Perché?
«La mia giovinezza è stata rattristata dalle tragedie familiari che ho dovuto affrontare precocemente. Porto il nome della santa dei casi impossibili, Santa Rita, che si festeggia il 22 maggio, il giorno in cui sono nata. Probabilmente, mi sono detta, devo aver ereditato da lei anche la vita travagliata di cui raccontano i suoi biografi. Nel 1978, un anno prima del mio diploma al Liceo Scientifico, è morta mia madre di cancro ed io mi sono dovuta occupare di mio padre, perché mia sorella maggiore si era sposata e viveva a Mestre, sorella che poi è morta anche lei di tumore nel 2011. Mi sono iscritta alla facoltà di Giurisprudenza, a Bari, e dopo i primi esami, superati brillantemente, ho preso il presalario ed ho cominciato a lavorare in una pizzeria. Alla fine della stagione estiva, prima di ricominciare la frequenza all’università, con qualche amica decisi di partire per la Toscana per una breve vacanza. Mio padre, che gestiva una merceria, era nel frattempo tornato a Lecce, dove era nato. Finita la vacanza, rientrai a Margherita. Ripresi a studiare in una casa vuota, perché mio padre mi comunicò di volersi trasferire definitivamente nella sua città natale. Una mattina, prima di partire per Bari, mi chiamò mia zia da Lecce e mi annunciò che mio padre era morto improvvisamente d’infarto mentre leggeva un libro sotto un albero di ulivo. Non mi sono più laureata ed ho cominciato a lavorare nel 1980 prima alla Regione Puglia e poi a Trinitapoli. Mi sono sposata nel 1984, sono arrivati tre figli, due dei quali oggi hanno in altre regioni una loro vita familiare e professionale, mentre l’ultimo vive ancora in casa e gestisce a Margherita di Savoia il Bed & Breakfast “I giardini di Rita”».
Per l’ufficio gas di Trinitapoli, in tempi di Covid e di crisi economica, sei stata una colonna. Da utente, come tanti altri miei concittadini, so che ti trovi spesso a gestire situazioni, per così dire, complicate. Come ci riesci?
«Non mi lascio facilmente intimidire da chi grida e protesta per le più svariate ragioni, anche inveendo contro il mondo intero o contro “un destino cinico e baro”. La pazienza è il primo insegnamento di Giobbe da mettere in pratica. Lascio prima sfogare gli utenti e poi, tra una battuta e l’altra, riesco a farli ridere e a risolvere il problema che riguarda, ovviamente, quasi sempre le modalità di pagamento delle bollette. Con gli anni, gli impiegati diventano i confessori degli utenti e spesso mi è capitato anche di andare presso le case di qualcuno impossibilitato a venire in ufficio per motivi di salute. Comunque, ci sono stati anche episodi incresciosi, come il tentativo fallito di incendiarmi la macchina, ma questi li considero meri incidenti di percorso».
La tua vita non si compendia soltanto in “casa e lavoro”. Come trascorri il tuo tempo libero?
«Tempo libero è un termine improprio, per me. Opto più per un tempo “liberato” dai legacci dell’ipocrisia, dei pregiudizi, dell’ignoranza e delle relazioni fasulle. L’impegno nella Caritas è un addestramento continuo a comprendere lo spessore umano di chi chiede aiuto e a tentare di liberare energie e talenti soffocati dal bisogno di mangiare o dalla paura di affrontare le difficoltà della vita. Mi sento soprattutto molto vicina alle donne che ricorrono a noi volontari, perché vittime in casa di violenze verbali e di soprusi, o perché ridotte ad oggetti di piacere da insulsi uomini senza scrupoli. Il tempo con gli altri volontari lo trascorro a preparare i viveri che vengono distribuiti ogni 15 giorni alle famiglie in difficoltà, a raccogliere fondi, come di recente, per i bambini dell’Ucraina, ad ascoltare storie di vite spezzate dall’alcol e dalla disperazione. Il tempo va speso soprattutto per questo. Tutto il resto, di fronte al dolore e all’indigenza, mi appare superfluo».
ANTONIETTA D’INTRONO
Via: Corriereofanto