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Verso la fine del 2021 ebbi l’incarico dalla Caritas di svolgere a Roma presso la sede nazionale un laboratorio sulla “Scrittura autobiografica”, indirizzato alla Comunità Professionale Formatori Caritas (CPFC), cioè al gruppo di persone che presso le Caritas diocesane d’Italia si occupano di formazione, di progettare e realizzare percorsi di apprendimento per i volontari e per gli operatori che si prendono cura dei poveri e di quanti vivono una situazione di fragilità sociale ed economica.

Sono stati “alunni” straordinari, con i quali ho trascorso due giorni indimenticabili, sperimentando con loro come trasformare in tela narrativa la trama e l’ordito della vita dei poveri che incontrano nei corsi di formazione organizzati per aiutarli.

 

Ho condiviso la direzione del laboratorio con un collega eccezionale, il poeta don Francesco Fiorillo del Monastero di San Magno a Fondi (Latina), che poi è venuto a Trinitapoli a presentare il suo libro di liriche nella sede cittadina della Caritas. Questa esperienza mi ha lasciato un segno indelebile e mi ha consentito di conoscere meglio il diacono Ruggiero Serafini che dedica, in silenzio, il suo tempo agli ultimi della terra senza il clamore mediatico di chi ostenta le proprie virtù caritatevoli. In servizio permanente anche a Ferragosto, ha accettato di parlare della sua vita privata e delle sue attività religiose, sociali e culturali come referente della Caritas diocesana.

 

Per chi non ti conosce, vuoi spiegare, come si dice al Casale, “a chi appartieni” e chi era il giovane Ruggiero Serafini?

 

«Sono nato 68 anni fa da Rosa Lamantea e Vincenzo. Mio padre, muratore ma anche bracciante agricolo, aviere nella seconda guerra mondiale, fu fatto prigioniero dagli americani che lo trasferirono da Casablanca alle Hawaii dove svolse l’attività di infermiere con altri sette militari trinitapolesi. Dopo la guerra, emigrò in Australia e lavorò come muratore per due anni ad Adelaide. Sono il maggiore di due figli. Mio fratello Domenico è titolare, con sua moglie Patrizia, della “Legatoria SC” di via Aldo Moro.

 

A sedici anni ho imparato a suonare la batteria e nel corso degli anni ho fatto parte di diversi gruppi musicali, suonando in centinaia di feste di matrimonio e di spettacoli in piazza.

 

Nel 1974 ho conseguito il diploma di Perito Tecnico Industriale con la specializzazione in Elettronica Industriale.

 

Nel 1975 ho fatto il servizio di leva a Villa Vicentina (UD), nella Caserma Monte Vodice del Genio Pionieri Folgore dove ho lavorato con il ruolo di cuoco in una cucina militare ben attrezzata. Ho vissuto l’esperienza del terremoto del Friuli, a causa del quale fummo congedati più tardi, perché aiutammo i terremotati. Io, infatti, sono stato a Gemona come cuoco per qualche settimana.

 

Nel 1977, in occasione di un recital musicale organizzato dalla Parrocchia Beata Maria Vergine di Loretoiniziai a frequentare di nuovo la chiesa, che avevo abbandonato da ragazzo, e con gradualità cominciai a conoscere più da vicino Gesù, studiando, facendo esperienze, collaborando nella catechesi con un gruppo di ragazzi di scuola media ed elementare e partecipando a Bari agli incontri con i Padri Comboniani di via Giulio Petroni ogni terza domenica del mese.

 

Nel 1978 ho fatto parte di uno show musicale suonando in piazza nelle feste patronali, a volte anche da spalla a complessi famosi in tante città dell’Italia meridionale. Al termine di questa bella esperienza ho lasciato le bacchette e ho iniziato l’attività lavorativa nel negozio di famiglia.

 

Nel 1983 mi sono sposato con Grazia Maria Regano, la figlia del falegname “mastro” Ciccio Regano e di Angela Canaletti».

 

Lasciate le bacchette della batteria, coniugato e padre di due figli, Vincenzo e Rosa, quali sono state le attività più significative che hai svolto durante la tua età adulta?

 

«Dopo aver vinto il concorso, nel 1992 sono stato assunto dalla ASL FG 11 con il ruolo di Collaboratore tecnico veterinario-vigile sanitario, e ho lavorato nel territorio della ASL FG11, della ASL FG2 e della ASL BT.

 

Nel 1995 dopo alcuni anni di esperienza in Caritas parrocchiale, nella catechesi ai bambini e nel servizio agli ammalati, don Peppino Pavone mi propose di iniziare un percorso formativo finalizzato all’Ordine sacro del Diaconato.

 

Dopo un lungo percorso formativo di teologia, l’Arcivescovo Mons. Carmelo Cassati mi conferì l’Ordine sacro del Diaconato».

 

Come è cambiata la tua vita dopo che ti è stato conferito l’Ordine sacro del Diaconato?

 

«Dal momento che il vescovo pone le mani sul tuo capo conferendo l’Ordine sacro del Diaconato, tu appartieni non solo alla tua famiglia, ma anche alla Chiesa di Cristo e in particolare al popolo a te affidato, formato da persone care, non più conoscenti ma fratelli da servire con gli stessi sentimenti di Cristo.

 

Un uomo sposato per accedere all’Ordine sacro deve avere l’autorizzazione scritta della moglie e dei figli maggiorenni, perché la propria vita cambia totalmente. Il Vangelo è una verità da vivere. Oggi per poter parlare bisogna essere credibili e questo richiede delle scelte di vita consone al Vangelo.

 

Mia moglie, con la quale da quarant’anni condivido questo cammino bellissimo che è la vita, i miei figli e mia nuora, mi hanno sempre supportato in questo percorso ricco di tante soddisfazioni, ma anche di tante preoccupazioni dovute alle responsabilità che il ruolo comporta».

 

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Quando hai assunto il ruolo di referente alla Caritas, cosa sei riuscito a realizzare per la comunità insieme al gruppo di volontari che lavorava con te?

 

«A gennaio del 2000, Mons. Giovan Battista Pichierri, nuovo arcivescovo della nostra diocesi, mi dette l’incarico di referente Caritas della zona pastorale Ofantina (Trinitapoli, Margherita di Savoia e San Ferdinando di Puglia) e divenni componente dell’Equipe della Caritas diocesana guidata dal direttore don Raffaele Sarno.

 

Nel 2001 abbiamo realizzato presso la sede del Villaggio del Fanciullo Cristo Lavoratore la Caritas cittadina e il Centro di ascolto Caritas interparrocchiale con i volontari delle Caritas delle rispettive parrocchie.

 

Il primo coordinatore del Centro di ascolto è stato la Sig.ra Marianna Petriello appartenente alla parrocchia Immacolata.

 

Il centro Caritas ascolta le persone e cerca di dare delle risposte concrete per soddisfare i bisogni dei poveri, mentre le Caritas parrocchiali hanno il compito di distribuire prodotti alimentari. Gli alimenti sono forniti dal Ministero del Lavoro AGEA, dall’Unione Europea e dalla comunità cittadina di Trinitapoli. Gli alimenti AGEA sono regolarmente contabilizzati in un registro di carico e scarico in rete con il Ministero del Lavoro AGEA SIFEAD.

 

Tutti i servizi offerti (emporio, presidi sanitari, visite mediche, animazione sociale, pranzi con i poveri, ecc.) sono gratuiti. A giugno 2021, l’arcivescovo Mons. Leonardo D’Ascenzo mi ha nominato Delegato Episcopale alla Carità e direttore Caritas».

 

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ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via Corriereofanto

 

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