L’incontro che gli studenti dell’I.C. “Garibaldi-Leone” hanno avuto con Daniela Marcone, figlia di Franco Marcone, il direttore dell’Ufficio del Registro ucciso nel 1995 dalla mafia foggiana, non può essere archiviato. Deve avere un seguito l’iniziativa di lettura e recensione del libro proposto nell’ambito della rassegna LibriAmo, organizzata dal Centro di Lettura Globeglotter.
Infatti, quest’anno la scelta dei testi, donati alle classi della scuola elementare, media e superiore, mirava a rafforzare i valori di giustizia sociale e di legalità in un momento in cui i ragazzi hanno bisogno di avere più fiducia nelle istituzioni.
Il romanzo “Storia di Franco” (edizioni La meridiana) venne scritto nel 1996, un anno dopo l’assassinio, dalla scrittrice Maria Marcone, sorella di Franco, con l’intento di farlo leggere ai più giovani sui quali poggia la speranza di creare un futuro senza morti ammazzati.
Moderatrici dell’animato dibattito, che ha avuto un uditorio attentissimo, sono state le docenti Rosangela Ricco, Gabriella De Lillo e Patrizia Spadaro che, tra l’altro, hanno guidato i ragazzi non solo nella lettura del libro ma anche nelle relazioni che la scuola ha intrapreso con l’associazione “Libera” e con “Pietra di Scarto” di Cerignola, la cooperativa alla quale è stato affidato un immobile sequestrato alla mafia e intestato proprio a Franco Marcone.
Dopo che Daniela Marcone ha raccontato gli eventi che contrassegnarono la tragica morte del padre è partita una batteria di domande da parte dei giovanissimi lettori che ha evidenziato quanto questa storia abbia colpito la loro sensibilità e il loro senso di giustizia.
Raramente si assiste ad un rovesciamento così incisivo del format di un incontro che ha visto i tredicenni alla carica per monopolizzare l’intero dibattito.
Tutte le domande meriterebbero di essere riascoltate per avere un’idea di come i ragazzi percepiscono spesso l’impotenza dello Stato e la paura di intervenire contro la prepotenza dei malavitosi, come ad esempio: “Dopo la morte di suo padre, lei ha avuto più paura della società corrotta in cui viviamo, oppure è riuscita a diventare più forte e desiderosa di giustizia?” o come anche: “Con tante stragi di mafia che si sono susseguite negli anni, con una giustizia lenta e molto spesso non risolutiva, crede ancora nel ruolo dello Stato?”.
Daniela Marcone, ripetendo quello che ha scritto sua zia Maria, ha sollecitato i ragazzi ad organizzarsi numerosi per far prevalere il bene. “Fare il bene significa lottare per dargli spazio, per strappare territorio a chi fa il male. Se i buoni se ne stanno tranquilli chiusi nelle loro case, i cattivi occupano tutti gli spazi che possono, come la gramigna che se non si estirpa occupa tutto il campo di grano e fa morire le spighe buone”.
I ragazzi continueranno ad approfondire questi argomenti attraverso il progetto “Legalità” messo in atto nel loro istituto. Inoltre, devono leggere, studiare e, soprattutto, sperimentare giorno per giorno il rispetto delle regole più elementari di convivenza civile.
E la scuola è una delle “palestre” più attrezzate per questo tipo di addestramento quotidiano.
ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)
Via: Corriereofanto