La mattinata di lunedì 21 novembre non sarà facilmente dimenticata dagli studenti dell’Istituto “Dell’Aquila-Staffa” e dell’Istituto Comprensivo “Garibaldi-Leone”.
Inserito nel programma di LibriAmo 2022, l’incontro con lo scrittore Osvaldo Capraro, autore di “La stanza di Agnese” ha dato l’opportunità ai ragazzi, che avevano letto il suo libro, di esprimere timori, interrogativi e riflessioni sull’assassinio del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta, vittime innocenti della mafia.
Il professor Capraro, dopo aver raccontato la genesi dell’opera, ha risposto ad una serie di domande poste in un susseguirsi serrato di interventi.
Ciò che è emerso dalla piacevole conversazione, introdotta dalla prof.ssa Rosangela Ricco, dalla preside dell’I.C. “Garibaldi-Leone” Roberta Lionetti e diretta dalla prof.ssa Sabrina Damato, è stato il coinvolgimento emotivo degli studenti di fronte a un ritratto intimo, familiare del giudice Borsellino, quale è quello tratteggiato dai ricordi, ora teneri ora struggenti, della moglie Agnese. Sullo sfondo la storia di un periodo di lavoro intenso e frenetico della magistratura nella lotta alla criminalità organizzata giunta a un passo da un traguardo risolutivo e, per questo, tragicamente interrotta.
Gli studenti hanno interrogato lo scrittore anche sulla scelta di destinare i proventi della vendita del libro a “La casa di Paolo”, associazione no profit nata nel 2015 nella casa natale del magistrato in uno degli antichi quartieri di Palermo, un presidio sociale, promotore di cultura e di educazione alla bellezza.
“La stanza di Agnese trasmette il desiderio e la voglia di credere ancora nel valore dell’onestà, nella giustizia e nella vita stessa. Cosa potremmo fare noi giovani - ha chiesto la studentessa Giulia Labianca - affinché la morte del giudice non sia solo una data da commemorare ma si trasformi in atti concreti tali da migliorare il nostro modo di pensare e la nostra società?”
Il professor Capraro ha risposto in maniera netta e precisa, sillabando alcune parole chiave: “Il vero problema, cari ragazzi, è l’in-dif-fe-ren.za. La mafia prospera dove c’è la cultura del “che me ne importa a me”. Ricordate: dove vedete ingiustizie, anche nella vostra classe, bisogna in-ter-ve-ni-re!”
Per combattere la criminalità non bisogna perdere la fiducia nelle istituzioni, seppur gravate da limiti e contraddizioni, ma è necessario affidarsi all’arma più potente che esista: la formazione culturale e la scoperta della bellezza, da ammirare e preservare, per giungere alla consapevolezza che ciascuno, nell’apparente banalità della routine quotidiana, può assumere un impegno, può compiere un gesto semplice di coraggio, di solidarietà che renda la vita di tutti meno angosciosa.
Hanno concluso l’incontro i ringraziamenti lucidi e appassionati di alcuni giovani che hanno apprezzato, attraverso la lettura, il valore esemplare di una vita e l’incancellabile testimonianza del ricordo di essa, autentico patrimonio per le generazioni future.
ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)
Via: corriereofanto