( 3 voti, media 3.33 di 5)
Charles intanto cuciva. Le mani pallide spingevano l'ago da sutura su e giù, in una successione ordinata di punti. Per compattare l'imbottitura aveva usato cotone e garze e sentiva sotto le dita la consistenza familiare dei suoi strumenti di lavoro. Finì di chiudere il ventre della bambola e e decise che non avrebbe mai più fatto il dottore. Se la medicina non aveva salvato Emma, che precipitasse all'inferno! Avrebbe fatto qualcos’altro. Ma era rinchiuso in quella casa da settimane, forse un mese.
O erano due? Non ricordava. Fissò di nuovo la bambola e notò che le mancava una grossa ciocca di capelli neri sopra l'orecchio. D'impeto estrasse dal cassetto i capelli di Emma. Non sapendo però come applicarli prese a studiare il resto della capigliatura, impiegò tutto il pomeriggio a sistemarla e infine chiamò “Berthe! Vieni su!”. La bambina si mise a correre a quell'invito ed il suo sorriso raggiante riempì la stanza. Saltava stringendo il giocattolo e non finiva più di meravigliarsi.Il mattino successivo, quando la serva entrò in camera per servire la colazione, Charles era già in piedi, vestito. Aveva infilato in tasca ciò che restava delle sue magre finanze e un fazzoletto ricamato con le iniziali di Emma. Partì sulla Rondine, tra lo stupore generale, e tirò diritto fino a Rouen senza dire una parola. Arrivato in città prese a camminare a caso per le vie, spiando le vetrine dei negozi. Molti erano ancora serrati sotto pesanti chiavistelli. Passando innanzi al teatro gli si strinse il cuore e per qualche istante non potè più muoversi. L'onda dei ricordi si sollevò come uno stormo d'uccelli, oscurando lo sguardo. Le orecchie ronzavano forte. Ne fu quasi sopraffatto, guardò smarrito verso l'alto e dal cielo cupo che lo sovrastava cadde una goccia, poi un'altra. Lo schiocco ritmato di passi frettolosi sul selciato lo riportò alla realtà. Allora si mise a correre, insieme agli altri, ma non per timore di inzuppare gli abiti, bensì per sfuggire a quella presa mortale. Entrò di slancio in una bottega con l'insegna bianca e rosa, il vetro sottile della porta ebbe un tremito. "Buongiorno signora!" gridò trafelato. La commessa fece qualche passo indietro lasciando cadere il fascio di nastri che stava riponendo. "Se mi permettete, vorrei chiedervi informazioni sulla merce in esposizione".
Ne uscì molte ore più tardi, con due scatole ricolme e il borsellino ormai vuoto. Restava una moneta per un bicchiere di limonata e la spese coscienziosamente. Poi attese il ritorno della Rondine, immobile, fissando ancora il cielo. Non riusciva a fermare la mente su nulla e la lasciò vagare. Al rientro in paese fu accolto dalla medesima curiosità del mattino, con il pretesto di portargli aiuto lo speziale abbandonò il negozio e lo scortò fino in casa, Berthe si avvicinò alle scatole ma fu redarguita: "Più tardi!" disse il padre con fermezza. Solo dopo cena le fu permesso di aprirle ed apparve una fantasiosa congerie di pizzi e merletti, intervallati da scampoli di tessuto e imbottiture bianche odorose di canfora. Nel mezzo, sapientemente imballate, due teste di porcellana con lunghi capelli neri. Una volta scartate, rimasero a fissare gli astanti con gli occhi sgranati, colmi di stupore (o almeno così pareva) e Berthe ne ebbe quasi paura. "Perchè non hanno le gambe?" chiese. "Presto avranno tutto ciò che occorre" rispose Charles e salì in camera, lasciando la bambina e la serva ad interrogarsi mute.
Il giorno seguente giunse la madre e iniziarono a lavorare. Era il dottor Bovary a decidere ogni cosa: le dimensioni del cappello, la foggia del vestito, i ricami della biancheria, tutto doveva somigliare a ciò che Emma aveva indossato da viva. Gettò sul tavolo un paio di guanti, una camicia da notte, persino uno scialle prezioso affinchè fossero tagliati e cuciti per farne i piccoli abiti. La madre tentò di opporsi ma egli minacciò di scacciarla, non intendeva ragioni. Dopo una settimana le bambole furono pronte, fin nei minimi dettagli, i capelli acconciati come ella amava, gli abiti dei colori suoi preferiti, le guance imporporate di rosa per ricordare la felicità dei giorni lontani del matrimonio, gli unici di cui Charles ora fosse sicuro. Pianse a lungo, da solo. Lo interruppe la voce acuta di Homais, chiamato da Berthe, che non finiva più di lodare le magnifiche creazioni del dottore, un vero prodigio, un autentico talento! Prese una bambola in cambio di alcune speciali tinture di sua invenzione, che avrebbero di certo fatto comodo nella colorazione dei capelli. Charles li voleva scuri, corvini, identici agli originali. La seconda finì nella sala da pranzo del Leon d'oro, da cui attirava gli sguardi e i desideri dei clienti "Proprio come la mia bellissima moglie" egli pensava. Trascorreva le ore a cucire, attingendo ai ricordi, ridendo e piangendo ogni volta di ciò che essi gli suggerivano, instancabile. Appena terminata, la bambola già veniva venduta a qualcuno che da mesi l'attendeva, tante erano le richieste. La voce si diffuse, sospinta dagli articoli dello speziale sulla Lanterna e garantì una rendita costante, che, insieme alla vendita della casa materna, saldò alla lunga i debiti e assicurò una buona dote a Berthe. Pochi giorni dopo il suo matrimonio con il figlio di un mercante di stoffe, Charles si assopì sulla panca del giardino ma alla serva non riuscì di svegliarlo. Era morto. Fu seppellito con l'unica bambola di cui non avesse voluto disfarsi, quella in abito da sposa.