Madame Bovary
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Emma passò velocemente in rassegna tutte le possibili opzioni. Léon non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere i 3000 franchi a Morel e non si sarebbe presentato all’appuntamento. Lui era un debole: non avrebbe rischiato la reputazione e la carriera nascente neanche per aiutare la donna che diceva di amare. Era solo un giovane uomo attratto dal lei perché mosso da un ancestrale e quasi incestuoso gusto del proibito, confuso con l’amore.
No, Léon non l’avrebbe aiutata. Pensò di rivolgersi a Rodolphe, il suo vecchio amante, e chiedere soldi come pegno di un amore mai coronato. Ma lo ritenne inutile. Lui non l’aveva cercata in tutti questi anni e solo da poco lei aveva raggiunto il giusto livello di distacco da quella passione distruttiva. Non voleva farsi illusioni. L’unica soluzione possibile era farla finita. Da morta non avrebbe creato più danni né a se stessa, né a Charles, né a quella figlia mai amata davvero. Lheureux e Vincart avrebbero chiesto al medico di saldare i debiti ma dopo il brav’uomo avrebbe finalmente vissuto un’ esistenza serena e potuto trovare un’altra donna. Sebbene non fosse l’uomo della sua vita, o almeno non quello che lei aveva creduto Charles meritava un po’ d’amore. Lo aveva sposato con l’errata convinzione che il sacro vincolo coniugale potesse trasformarsi un’unione appassionata di sensi.
Ma lui era un mediocre e lei voleva di più che la routine quotidiana tra le mura e le lenzuola. Ma un’altra donna forse l’avrebbe apprezzato e si sarebbe presa cura di Berthe. Presto, bisognava fare presto! Ricordò che un giorno Homais, mentre era intento a preparare marmellate, aveva dato disposizioni a Justin affinchè mettesse sotto chiave un boccale di arsenico temendo finisse per sbaglio nelle mani di uno dei suoi figli o di qualche cliente. Corse in farmacia. Homais era impegnato con tutta la famiglia per la cena e stava chiamando a gran voce Justin per le ultime incombenze prima della chiusura. “Madame?” fece il giovane quando la vide comparire sull’uscio a quell’ora, visibilmente sconvolta. Una ciocca dei suoi capelli neri era sfuggita al controllo e le ricadeva sulla guancia. Il giovane provò la tentazione di accarezzarla e posarla dietro l’orecchio candido di Emma. Da tempo nutriva una silenziosa e ben celata passione per la signora Bovary, ma mai e poi mai avrebbe osato compiere gesti sconsiderati. “Justin! Ho bisogno di te!” disse lei col fiato corto per il passo accellerato e la paura, inconsapevole dell’effetto di quelle parole giovane.“ Devo liberarmi dei topi che invadono la cantina.
Ho bisogno di arsenico.” “Ma madame…il signor Homais…” Lo spinse dentro la farmacia con forza e gli lanciò un’occhiata fiammeggiante che provocò nel giovane un brivido di eccitazione. “Justin! Dammi l’arsenico! Te ne sarò grata eternamente.” E un leggero sorriso le increspò le labbra alla parola “eternamente”. Il giovane corse a prendere il barattolo dal “carfanao” mentre Homais, sempre seduto a tavola, blaterava e iniziava a spazientirsi. Prima che potesse scendere e richiamarlo all’ordine Justin fu davanti ad Emma che vedendo il barattolo divenne ancor più bianca di quanto non fosse. Ebbe un attimo di esitazione mentre allungava la mano verso il coperchio. “Madame, ma cosa volete fare?” disse Justin sempre più agitato. “Già, cosa voglio fare?” ripetè Emma a se stessa ritirando la mano quasi l’avesse punta una vespa. Alzò lo sguardo sul giovane e per la prima volta colse nei suoi occhi qualcosa di più che la semplice ammirazione per la moglie del medico di Yonville. “Justin. Tu faresti qualsiasi cosa per aiutarmi, vero?” “Certo signora Bovary, lo sa che io …” “Lo so.”
E così dicendo impresse un lieve bacio sulle labbra del giovane. “Sai dove Homais tiene i suoi risparmi?”” Sì, madame ma…” Rispose il ragazzo confuso più dal bacio che dalla dalla stranezza della domanda. “Devi aiutarm! Prendi tutto ciò che puoi e scappiamo a Parigi. Lì vivremo lontani dalle miserie di questa città così provinciale e bigotta”. “Ma…Madame! Sì, Emma: lo farò!” “Allora trova un modo per distrarre Homais. Prendi più denaro che puoi. Io ti aspetterò alle 3 in punto da mamma Rolet. Lei non farà domande.” Una nuova euforia si era impadronita di Emma. Non tutto era perduto nella sua vita, forse poteva ricominciare con un giovane amante in un’altra città. Non più Madame Bovary, ma solo Emma. Justin non aveva il fascino e la scaltrezza di Rodolphe, né la doppiezza e la sensualità di Léon ma non l’avrebbe delusa, lo sentiva. Non lo amava, ma per la prima volta qualcuno rischiava per lei! Lui acconsentì col capo. Sapeva dove Homais conservava il sonnifero e l’avrebbe versato nel cognac che l’uomo beveva abitualmente dopo cena. Poi spostata la grossa mattonella nera dietro il bancone avrebbe trovato i risparmi che Homais, diffidente com’era, non depositava mai in banca. Pensò alla splendida vita che lo aspettava in una grande città, con una donna così bella. E con un bacio coraggioso, fugace, sulle labbra di Emma corse a mettere a punto il loro piano. Le gote di Emma rianimata da nuove speranze presero colore. Il matrimonio non era riuscito a placare la sua inquietudine; la passione l’aveva quasi uccisa. Era stata sconfitta dai suoi stessi sentimenti. Cosa aveva più da perdere? La città non era Yonville. Nessuno a Parigi avrebbe fatto caso a quella coppia e presto anche in paese tutti l’avrebbero dimenticata. La vita poteva riservarle ancora delle sorprese. La vita! E con questo pensiero accellerò il passo verso casa di mamma Rolet.

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