Salviamo Said
Finale vincitore!
Quella insolita sensazione di vertigine non mi ha abbandonato per tutto il viaggio ed ora, mentre sistemo i capelli scompigliati dal vento, é divenuta quasi insopportabile. I gradini si avvicendano lenti sotto i miei piedi, la mano sinistra é tornata sul corrimano e la destra stringe saldamente l' inseparabile "ventiquattrore". Neanche il mio impeccabile abito blu mi protegge da questo disagio. -Cosa mi sta succedendo? E' forse questo l'attacco di panico?-
Goccioline di sudore si impadroniscono della mia fronte e, all' improvviso, il mio stomaco si chiude in un pugno. Mi tornano in mente le parole di Nadine: sto oltrepassando "un confine".
-Perchè non ci ho pensato prima?-
Faccio un bel respiro ed alzo lo sguardo al cielo. Un rombo assordante interrompe i miei pensieri, un aereo di fronte a me si è appena alzato in volo. Penso -Aereo che va, aereo che viene -.
E' così che si è sentito il primo uomo sulla luna? Sono negli Stati Uniti d' America.
La paura lascia il posto ad una strana sensazione, mi sento pieno di energia, quasi euforico, è la prima volta che sperimento questa emozione. O forse no, con Mounir... un pomeriggio di tanto tempo fa, mentre guardavamo un aereo in volo...
Quanto tempo è passato? Dieci, dodici anni?
Abdelkrim, Samira, Mounir, i miei genitori... nonostante tutto eravamo una famiglia o meglio lo siamo stati, fino a quando mio fratello maggiore non è entrato "in affari" con Tarek. L' arresto di mio cugino, l' allontanamento di Abdelkrim in Algeria e la fuga da casa di Samira, hanno allentato i sottilissimi fili che ci univano gli uni agli altri.
Ma questo è nulla a confronto di ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi.
? Abdelkrim, cerca la tua strada nella terra di tuo padre! -,
? Abdelkrim, figliolo, non c'è giorno che io non pensi a te, sei sempre nel mio cuore! –.
Le parole dei nostri genitori non avevano mai avuto alcun valore per mio fratello.
Tarek lasciò il carcere tre anni dopo il suo arresto. Quel tempo trascorse senza lasciare in lui il minimo segno di pentimento. Come potevamo immaginare che, anzi, il rancore e l'odio lo avevano completamente sopraffatto?
Una volta fuori, contattò quasi subito Abdelkrim, offrendogli la possibilità di tornare a lavorare per lui, in Francia, e con chissà quali altre bugie convinse mio fratello ad accettare.
Lo freddò senza pietà, completando "il lavoro" che aveva iniziato, anni prima, condannando noi ad un dolore immenso e sè stesso ad una vita dietro le sbarre.
Un brivido improvviso mi corre lungo la schiena, chi l' ha detto che il dolore diminuisce con gli anni? Non voglio che se ne vada, nè voglio dimenticare. Sposto la valigetta sulla mano sinistra e provo un grande sollievo: non mi ero accorto di quanto fosse pesante.
Ho ancora bisogno di ricordare, di mettere ordine.
Trovarono il corpo di Abdelkrim, là dove tutto aveva avuto inizio, su quel maledetto terrazzo sopra la nostra casa. Le urla strazianti di mia madre cessarono solo il giorno in cui lo raggiunse. Pochi mesi dopo la morte di mio fratello, la mamma prese a stare sempre peggio, a non parlare quasi più, a rifiutare il cibo e alla fine il suo corpo, dopo la sua mente, si arrese. Samira che intanto aveva sposato Kevin e partorito una splendida bambina, prese con sè Mounir offrendogli la famiglia che gli era sempre mancata.
Amare qualcuno non significa, forse, preferire il suo bene al proprio?
Il distacco da Mounir fu per me un dolore devastante, quanto i lutti che avevamo subito. Ma quale futuro avrebbe avuto altrimenti?
Mio padre accettò la nuova realtà con la stessa ressegnazione di sempre: cucinare, apparecchiare la tavola, lavare e stirare, hanno da allora occupato il suo tempo almeno quanto lo amato tennis. Non so bene cosa io abbia rappresentato per lui.
In quel cavallo di Troia continuavo ad essere solo come sempre, o quasi.
Il professor Theophile è stato per me, in quegli anni, più di quanto aveva promesso: un padre, un insegnante, un amico.
Da circa un anno aveva sposato la Balieau che, dopo una corte serrata, aveva capitolato arrendendosi, come me, all'idea che farsi aiutare non è indice di debolezza.
Se oggi sono un medico lo devo a lui.
Gli ultimi anni delle medie volarono, il chiasso ed i rumori non avevano mai smesso di infastidirmi, così come il "branco" di Tarek, ma il professor Theophile mi aveva insegnato a non perdere mai di vista il mio "obbiettivo" anzi, aveva fatto di meglio, mi aveva aiutato a trovarne uno: il mio.
La sordità di Mounir aveva in qualche modo condizionato non solo la sua vita ma anche la mia. Da grande avrei impedito che altri bambini soffrissero le conseguenze di una "medicina superficiale".
Percorrendo il solito corridoio affollato di urla e spintoni, una mattina come tante decisi: - Sarò un Medico, non uno qualunque, un Pediatra -.
Comunicai, ovviamente, la scelta al mio inseparabile professore che, come il più affettuoso dei padri, e il più fiero degli insegnanti, mi fu accanto il giorno dell'iscrizione, prima alla scuola di orientamento e poi al liceo.
Allora la determinazione fu più forte del dolore, o forse fu il dolore talmente forte da non darmi più tregua, non potevo arrendermi, nè fermarmi: studiavo, studiavo, studiavo.
L' università divenne un rifugio, nella quiete della mia stanza preparavo un esame dopo l'altro. Il giorno della mia Laurea accanto a me non c'erano solo mio padre, il professor Theophile, Mounir e Samira ma, ne sono certo, in prima fila c'erano la mamma e Abdelkrim.
Quante altre volte la mia mente pretenderà di tornare indietro? Riuscirò mai a trovare un ordine per archiviare il mio passato?
- Accidenti Said, stavo perdendo le speranze, ma quanto ritardo ha fatto il tuo volo? Tra meno di un'ora ci aspettano al "S. Andrew", nenche il tempo di cambiarci, proprio come il giorno della nostra laurea...;
- Said ci sei? E poi sarei io quello sempre assorto nei propri pensieri!-
- Ciao Antoine, che piacere rivederti!-.

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