Salviamo Said
Lasciai la mia famiglia ed andai a lavorare come cameriere in un ristorante, guadagnandomi da vivere. Tutto ciò sconcertava la gente, perché ero troppo piccolo per lavorare. Ormai non vedevo più nella mia famiglia quella luce che brillava nei loro occhi, ma solo una nube nera di disperazione che gli annebbiava la vista, facendogli perdere la strada della speranza. Solo Mounir era riuscito a scacciare quella nuvola e venne con me. Arrivò il giorno che mio fratello volle iscriversi a scuola. Essendo troppo grande, gli insegnai ciò che avrebbe dovuto sapere alle elementari e poi lo iscrissi alle medie, alla mia stessa scuola, la Camille Claudel. Era il primo giorno di scuola di Mounir. Lo accompagnai, anche se mi sentivo un traditore perché avevo abbandonato quella scatola di cemento con dentro un contenuto di gioia, emozioni ed esperienze. Arrivati all'entrata ebbi un tuffo al cuore rivedendo l'atrio dai mille colori e risentendo lo sbattere degli zaini e il chiasso sempre presente che allora poteva sembrare un insopportabile brusio, ma ora non era altro che un tema che accompagnava un film di ricordi, preziosi come tante gemme in cui sono racchiuse le anime delle persone, protagonisti del film. Un piccolo omino con un megafono chiamava i ragazzi che dovevano essere assegnati alle classi. Notai che tutti loro erano accompagnati dai genitori. Anche io accompagnai Mounir, seguito da uno sciame di sguardi curiosi. Poi, entrammo nella nuova classe di Mounir e ebbi un sussulto. Era la mia stessa classe e seduto alla cattedra c'era lui, il professor Theophile. Ci guardammo entrambi negli occhi e il mondo si staccò da noi. Rimanemmo solo noi due. Poi come un aereo il mondo ritornò, accompagnato dallo sciame di genitori e alunni. Alla fine della giornata cercai il professore, ma senza risultati. Chiesi alle bidelle dove era andato, lo cercai per tutta la scuola con Mounir che mi seguiva. Verso la sera avevo ispezionato tutte le stanze. Stanchi ci sedemmo alla panchina nel boschetto con Mounir accanto e aspettammo. Mounir si addormentò sulla mia spalla. Ad un certo punto sentii una mano sulla spalla e una voce disse: -Non ti abbandonerò. Mi girai e vidi il mio professore. Partii nell'auto dei miei sogni e andai a vivere con Teophile in una casa vera. Mi riscrissi alle medie seguendo anche Mounir. Alla fine riuscii a coronare il mio sogno e andai al liceo Carlo Magno. Mi laureai e divenni un ottimo lavoratore. Un giorno ricevetti una lettera da Antoine. Mi diceva che voleva incontrarlo sotto i portici "dove cantava Schumann". Ci pensai prima due volte; volevo davvero rivedere un amico che mi aveva abbandonato? Poi un secondo pensiero mi attraversò la testa "non era colpa sua se era partito" quindi andai. I portici erano in pezzi. Si vedevano chiaramente i segni delle intemperie che lo avevano fatto franare. Non c'era nessuno tranne che un vecchio gatto solitario. Mi sedetti su un pezzo di cornicione pensando. Si mise a piovere. Le gocce di pioggia mi cadevano con un leggero "plic" sui capelli che andavano a finire sul viso rigandomi il volto ma non solo quelle. Anche amare lacrime mi imperlavano le ciglia. Avrei potuto prendere l'ombrello che avevo in borsa, ma mi piaceva quel dolce scrosciare che mi accarezzava il viso, come un invisibile consolazione, che faceva ritornare il mio viso serio e duro a quello dolce e spensierato di quando ero bambino. Ad un certo punto sentii dei passi. Mi voltai e lo vidi. Antoine era lì. Sembrava anche lui l'attore di Mission Impossible. Restammo a guardarci per lunghissimi minuti. Poi fece una smorfia per trattenere il pianto, ma non ci riuscì perché aveva davanti a se l'amico che aveva tradito per uno stupido lavoro di suo padre. Lasciò cadere la sua 24 ore e mi strinse la mano dicendomi singhiozzando:-Mi sei mancato. Andammo all'asciutto per raccontarci che cosa avevano fatto in tutto quel tempo. Antoine era diventato un politico, viveva a Parigi proprio vicino a quel museo che avevamo visitato quando erano piccoli. Poi chiese notizie del professor Theophile visto che aveva saputo che ero andato a vivere a casa sua. Risposi a malincuore che era morto poco più tardi che mi fossi diplomato. Un silenzio aleggiava su di noi. Poi lo interruppi raccontandogli di mio fratello. Tornando verso casa Antoine gli disse:-Non ti lascerò mai più Said è una promessa. É così fu fino al giorno della nostra morte.

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