Salviamo Said
Le vacanze estive sono concluse, è il primo giorno di scuola, è una giornata grigia e piovosa, la tristezza mi fa compagnia, ma sono rassegnato e m'incammino.
Affronterò la solita baraonda, con i suoi rumori, grida e sghignazzi. Imparare nuove cose non mi entusiasma, né provo curiosità o interesse.
Mi piacerebbe camminare sulle strade della solitudine e affondare i piedi nella sabbia mentre il sole mi stordisce la mente; invece sono qui, in classe, seduto all'ultimo banco, vorrei essere invisibile. Davanti a me, come su una giostra impazzita, si alternano gli insegnanti, mentre i miei compagni si muovono su una girandola guidata dal vento.
Entro in questo vortice e mi lascio andare; i suoni, le voci diventano bisbigli, la mia mente fugge via e come in un flash back ecco mia sorella, la dolce Samira ...E' felice, aspetta un bambino, il suo compagno Kevin quel giorno ha un appuntamento con il suo datore di lavoro per una promozione.
Un gruppo di giovani davanti a un bar smaltiscono la sbornia della notte.
Kevin entra nel bar, consuma un cappuccino e una brioche mentre scambia quattro chiacchiere con il ragazzo che gli serve la consumazione; il branco formato da una decina di minorenni sghignazza, lo guarda, lo provoca, lo offende, ma Kevin oggi è troppo felice, nessuno potrà toglierli la sua felicità.
Questo non basta, uno del branco gli si butta addosso, all'unisono, lo raggiungono gli altri e lo pestano fino ad ammazzarlo.
Le sirene della polizia annunciano una nuova tragedia. E' notte fonda quando la notizia raggiunge Samira, oramai il suo futuro è il bambino che ha in grembo.
Il papà di Said non si accorge di quello che gli succede intorno, continua a guardare le partite di tennis, anche Mouinr suo fratello vive una realtà che lo divide dal mondo.
A scuola il nuovo capo branco del gruppo di Tarek ha ripreso il giro alla grande.
Tarek suo cugino è uscito dalla prigione, è molto provato, oramai più nessuno lo teme, perfino i suoi vecchi scagnozzi Maun, Bagdan, Jonathan, lo isolano e il nuovo capo del branco si diverte con i suoi compagni a renderlo ridicolo di fronte agli altri ragazzi, ma soprattutto alle ragazze della scuola, non suscita più ammirazione e rispetto.
Spesso torna a casa con il volto tumefatto e i vestiti strappati. Una mano mi scuote, mi riporta nella realtà, è il prof Thèophile. Egli capisce il disagio che sto vivendo e vuole aiutarmi, mi propone di recarmi tutti i pomeriggi a casa sua per approfondire gli argomenti trattati in classe: visto che è impossibile studiare nel baccano di casa mia. Per me questa è la nuova quarta vita, è l'unico momento meraviglioso della mia giornata.
Cerco di immaginare la casa del Prof. Thèophile, è sicuramente piccola e accogliente, pulita e ordinata, mentre il silenzio pervade tutta la casa. Il suono della campana mi riporta nuovamente nella mia classe, raccolgo lentamente le mie cose, ormai sono andati tutti via, attraverso il lungo corridoio dell'istituto, fuori ad aspettarmi c'è mio fratello Abdalkrim, non so come, ma è riuscito a rientrare in Francia.
L'esperienza vissuta l'ha molto cambiato, nei suoi occhi rivedo la dolcezza di quando con lui condividevo bei momenti.
Per mia madre, egli era la luce dei suoi occhi, oggi non riesce a perdonargli il dolore che le ha causato, non gli crede più, le sue promesse suonano invano.
Tornato a casa, ho riferito ai miei genitori, che il prof Thèophile si è proposto di aiutarmi nei compiti, che sarei potuto andare tutti i pomeriggi a casa sua.
Mia madre ha risposto che è tempo sprecato, mio padre ha aggiunto "ha ragione" ma non so se mi ha ascoltato veramente.
Il piccolo Monuir mi ha chiesto se poteva venire con me, io gli ho risposto che per lui sarebbe stato noioso perché avrebbe dovuto per tutto il tempo stare tranquillo e in silenzio.
Monuir mi ha detto "a me piace il silenzio, così posso sentire i pensieri della mia mente."
Forse per questo a casa mia c'è sempre baccano, a volte i nostri pensieri ci fanno paura o semplicemente non ci piacciono e quindi non vogliamo dargli ascolto.
Nel pomeriggio, come d'accordo io e mio fratello Monuir, ci dirigiamo verso la casa del professore; mano nella mano percorriamo il lungo tragitto.
La sua mano stringe forte la mia, si ferma per alcuni secondi mi guarda, accenna un sorriso e soddisfatto riprende il cammino.
Un vento leggero sfiora i nostri visi portando con sé i brutti ricordi.
All'improvviso prima che il mio cervello lo ordinasse, mi fermo, mi chino alla sua altezza, lo guardo fisso negli occhi "Monuir, io e te insieme possiamo farcela, non dobbiamo più aver paura!".
Con un balzo salta a cavalcioni sulle mie gambe e mi abbraccia forte.
Riprendiamo il cammino, nel cielo uno stormo di gabbiani sembra che voglia indicarci il percorso; siamo ora liberi e felici, certi che il futuro è prepotentemente solo nostro. Da lontano vediamo un palazzone, e lì che abita il professore.
Attraversiamo un cortile che ci conduce all'ingresso di un portone, l'ascensore non funziona è guasto, saliamo a piedi duecentoventi scalini fino all'undicesimo piano, finalmente una piccola targa con scritto "Prof. Thèophile" mi conferma che abita qui.
Sono molto emozionato, suono il campanello ma mi tremano le mani. Attendo qualche istante, sembra un'eternità, qualcuno mi apre la porta; non è il Prof, ma è Antoine, adesso siamo uno di fronte all'altro, lui mi tende le braccia e con quell'abbraccio si sciolgono i nodi.

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