Lolita
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Avevo appena ucciso Quilty.
Tutto era compiuto. Ora non rimanevano che due possibilità: scappare o costituirsi. Scelsi la seconda. Entrai nel bar all'angolo della strada e una volta all'interno confessai senza pudore al barista che ero stato io a sparare, che quei colpi ripetuti di pistola, ossessivi come la mia passione per Lo, erano usciti dalle viscere del mio odio per Quilty. Poi ordinai un caffè. Tra una sigaretta e un sorso della mia bevanda, decisi che avrei atteso l'arrivo della volante della polizia e lì, sotto gli occhi di tutti, mi sarei consegnato senza opporre alcuna resistenza.
«Lascerò che mi prendano, ormai non ha più senso darsi alla fuga quando con me non ho più la mia Lo».
Avevo appena finito il mio caffè, quando tre volanti della polizia arrivarono in velocità e a sirene spiegate.
«Che mi vengano pure a prendere! Solo così la bestia ferita nel cuore e nell'orgoglio non colpirà ancora, e il mio abominevole amore per le ninfette avrà fine».
Una decina di agenti armati di tutto punto mi circondarono e mi intimarono di arrendermi:
In mezzo al gruppo abbastanza agitato di agenti si fece strada un tipo con l'impermeabile grigio, il commissario.
«Giù le armi, non vedete che il signore non sta facendo alcuna resistenza?».
Con estrema gentilezza mi invitò a seguirlo in centrale con una delle sue volanti, e senza neanche ammanettarmi mi ricordò i miei diritti.
Mentre ero seduto sul sedile posteriore mi sembrò di vivere una scena irreale: già mi immaginavo i titoli dei giornali: "PATRIGNO INCESTUOSO UCCIDE IL RIVALE IN AMORE", "HUMBERT IL PEDOFILO", o più pateticamente: "IL CACCIATORE DI NINFETTE SPARA SULL'ORCO CATTIVO".
Ma perché non ero scappato via di contea in contea? Perché sapevo di avere paura. Quel giorno io avevo puntato la pistola su Quilty, non avrei voluto allo stesso modo puntarla su Dich. Ah Lettore non preoccuparti non la punterei mai su Lo.... Lo è stata tutta la mia vita e che tu ci creda o no! Sono e mi sento innanzitutto suo padre. Ora che lei ha fatto un passo indietro.... E considerato che ci ho sempre tenuto a vivere l'amore in una forma di totale libertà, ora più che mai non potevo forzare il cuore di Lo ad amarmi.
Quando l'ho rivista a distanza di tre anni dalla sua fuga (e spero che mi venga a trovare in carcere e che quella non sia l'ultima volta), Dolores non era più la mia Lo. Le chiesi di fare verità e lei non mi mentì, ma la rivelazione fu dolorosa, col tono di chi non vuole offendere, mi disse: «Papà, Quilty mi ha spezzato il cuore perché l'amavo veramente. Tu hai soltanto spezzato la mia vita».
Io spezzarle la vita! Come se l'avessi costretta, ma Lettore nell'amore non si può costringere, non si può fingere... e poi come potevo averle spezzato la vita se, sin dall'inizio della mia turpe passione, avevo progettato di addormentarla ogni notte con un sonnifero per poter accarezzare il suo adorabile corpo senza mai violarlo. Quando la andai a prendere al collegio fu lei a chiamare le cose con il loro nome. Mentre io dissimulavo le spinte infernali del mio vizio e mi facevo scudo dietro la parola "papà", ricordate le dissi: «Senti, Lo. Chiariamo questa faccenda una volta per tutte. Io sono tuo padre a tutti gli effetti, e nutro per te un sentimento di grande tenerezza». Ecco provai a dirle che in qualche modo ero suo padre e per lei questo dovevo essere, ma lei sembrò non ascoltarmi e mi disse: «La mamma si incavolerebbe da morire se scoprisse che siamo amanti, eh?», ignara che ella sapesse già del nostro amore, un segreto che però si era portato con se nella tomba. Quella notte a "i cacciatori incantati" diventammo amanti, e mi sembrava che Lo desiderasse quanto me quei momenti e gli altri che vennero. A volte ho pensato che forse diventando maggiorenne io non avrei più sentito il richiamo della sua ninfeità e in un modo o in un altro me ne sarei sbarazzato. Quando l'ho rivista, però, ho capito che il mio sentimento non si era affatto incrinato. La amavo più di prima nonostante quel non so che di adulto, che certo la gravidanza le conferiva nonostante i suoi quindici anni.
Caro Lettore, quando né io e né Lo saremo più di questo mondo, queste mie memorie di ergastolano, verranno pubblicate. È questo l'unico modo perché il mio amore per Lo, di lettore in lettore e di bocca in bocca possa sopravvivere per sempre come una bella favola d'amore. Ah certo Amore scandaloso per i più, ma per me e per Lo, finché è durato, amore puro e incontaminato. E dico di più, Lo sarebbe stata il mio riscatto perché quel vizio abietto (che mi portava, con mio disappunto, ad essere attratto da giovani ninfette), avrebbe trovato alla sua maggiore età un talamo decoroso per due sposi innamorati che si sarebbero giurati fedeltà e amore eterno. L'incantesimo si sarebbe rotto per sempre, se non fosse stato per quell'orco che me l'aveva portata via. 

Cara Lo, se dovessi esprimere in una parola la nostra storia direi che è stata una vera follia o se preferisci folie, madness, Locura ... (ho incaricato l'editore di scrivere la parola follia in cinquanta lingue). Vorrei infine che l'ultima parola del mio diario, per assonanza alla parola "Locura" e al tuo nome Lolita, sia la parola LOQUITA. Ti è facile intuire questa mia chiusa finale: PORQUÈ YO TE AMÉ A LA LOCURA oh mia Lo, mia LO-QUI-TA.
Di una cosa voglio ancora pregarti. Se domani verrai a cercarmi in carcere non dirmi mai più che ti ho spezzato la vita, perché proprio questo ha spezzato il mio cuore. Se puoi, dammi un'altra possibilità, perché se tu mi accetterai come padre non potrai mai infrangere del tutto il mio cuore.

Spesso in questa fredda cella sogno di poter diventare un giorno anch'io come l'Edipo a Colono: io e te in una nuova terra e un nuovo tempo in cui poter cominciare una nuova vita, con il consenso degli Dei, felice di poter stare insieme anche senza le nostre carezze e i nostri baci.

Con affetto Humbert Se questo è l'unico modo per averti accanto, sono disposto ad ingannare anche me stesso oltre che te. Lo mia, mia loquita.

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