(9103 voti, media 3.98 di 5) Finale vincitore!
Ubriaco di un passato impossibile e di un amore vergognoso. Ubriaco di gin. Ubriaco delle sue velenose parole e dei suoi sorrisi falsi. Ubriaco del suo pessimo carattere e del suo fascino ninfico, quasi sparito del tutto, risucchiato da quell’enorme protuberanza che sporgeva dal ventre, pullulante di vita. Ubriaco del dolore, della voglia di vendetta. Ubriaco dei ricordi passionali e delle sue facce imbronciate. Ubriaco, semplicemente, di Lo-li-ta.
Era LO. Era LO sprazzo di luce che illuminava la camera di ogni squallido motel, dove consumavo, la notte, il mio coito fetido. Era LO scoppiettio di un fuoco d’artificio quando canticchiava quella stupida canzone. Era LO scomposto modo di sedersi e di masticare quelle sue dannate chewing-gum. Era LO spavento terribile di ogni attimo di distrazione.
Era LI. Era LI, dietro l’angolo a complottare con quel verme. Era LI-bidine per me, la sua svogliatezza. Era LI, scappata, in quel ranch. Era LI, poco dopo, in quella topaia con suo “marito”
Era TA. Era trascura-TA, accoppia-TA ad uno squallido compagno che non poteva offrirle neanche un quinto del mio amore. Era incin-TA, a sedici anni. Adesso è mor-TA.
Era LOLITA. Perché adesso non è più che una bara piena e pesante di morte, una notizia sui giornali, un ennesimo macigno sulla mia coscienza . Non bastava ammazzare quel Quilty, no. Dovevo riaverla. Dovevo strapparla a quel destino scialbo, non suo, che quel Dick le aveva allacciato alle caviglie sottili. Dovevo semplicemente salvarla. E stavo per farlo, ma …
Quella mattina[avevo già ucciso Q]ero tornato a casa di Lo. Ancora una volta avevo premuto quel pulsante banale, di quel banale campanello, comprato da quel banale essere, che con la sua banalità viveva con la mia assolutamente NON banale Lo. Dolly, che era sola in casa, era venuta ad aprire la porta. Il suo viso si era subito irrigidito: le sopracciglia fuligginose si erano stirate verso l’altro e la sua bocca rosa-smorto si era leggermente dischiusa.“Ciaaao! Cosa posso fare per te?” che bel sorriso falso, mia amata Carmencita, bello come quando eri la mia ninfetta. “Sei sola in casa?” “ Cos’è? Vuoi un premio per i soldi che ci hai donato?” Oh, che adorabile veleno sgocciola dalle tue labbra, amore. Ma no che non voglio una ricompensa! Voglio solo che tu venga con me PER SEMPRE. Voglio che ti dimentichi di Dick. Mi umilio, mi inginocchio davanti a te, ti prego mia fiamma, ti prego. “Ma sei matto?” … Fece per girarsi ed entrare, ma la mia mano avvolse veloce il suo polso sottile. Sinceramente non so come e in quanto tempo, io sia riuscito a tirare con me Lolita in macchina e a costringerla a sedere dietro, dove gli sportelli erano bloccati dall’interno. Forse sarà stato lo sbalordimento ad ammutolirla. Ma appena la macchina iniziò a prendere velocità, ebbi il piacere di sentire la sua voce stridula riecheggiare nell’abitacolo “Cosa diamine fai? Fammi scendere immediatamente! Razza di idiota! Ferma questa macchina!” oh, Dolly mia, ti prego non rendere le cose più difficili di quelle che sono, ti prego non opporti e sii riconoscente con me, per una volta. “Dovresti ringraziarmi, Lolita …” “COSA?!? Dovrei ringraziarti di avermi rovinato la vita, di aver usato il mio corpo a ogni ora del giorno e della notte, e ora pure di rapirmi? Mi fai schifo! LASCIAMI IN PACE! Fammi scendere da questa macchina maledetta! ORA!” urlava e il suo viso era sfregiato dallo sforzo, la voce rauca e sempre più strozzata per l’ira, e le gote iniziavano ad essere solcate dalle lacrime. Oh, che meraviglia quelle perle di china trasparente, calde, forse bollenti, parevano dei ruscelli, di quelli che ci sono in Svizzera, dei ruscelli che scendono iracondi lungo le molli pareti delle guance arrossate e lentigginose, le ammiravo dallo specchietto retrovisore. “IDIOTA! FAMMI SCENDERE! TI ODIO!”. Se avessi avuto la possibilità di riflettere lucidamente sulle parole di Lolita avrei capito che sperava, riempiendomi di ‘’complimenti’’, che avrei fermato la macchina, frustrato e pentito, e che l’avrei fatta scendere, ma, annebbiato dal gin e dal dolore che le sue parole mi procuravano, accelerai. Imboccai una strada di campagna, niente asfalto, solo sterrato che sollevava una marea di polvere chiara attorno a noi, e che faceva ballonzolare leggermente la macchina. Poi una mossa imprevedibile di Lolita: mi aveva stretto il braccio attorno al collo, cosa abbastanza semplice per lei, che stando seduta al posto di dietro poteva muoversi piuttosto liberamente. Iniziò a premere con l’arto ossuto sul mio collo pulsante, mozzandomi il respiro e facendomi deviare la traiettoria della macchina. Quando iniziai a rallentare la macchina emise una sorta di muggito sordo e sbandò spaventosamente, senza decelerare, ovviamente; il caso volle che passasse di lì un enorme camion. Lolita strillò un “AAAH!” acutissimo e si strinse la pancia in modo commoventemente materno. Forse ho fatto bene ad urlare la prima cosa che mi è venuta in mente “Lolita ti amo!” perché credo che l’abbia sentita e credo anche di aver visto un suo sorriso dallo specchietto retrovisore, ma non posso assicurarlo perché c’era il mio amico gin a stordirmi. Poi solo un clacson e tanto nero.
Che tristezza queste camere d’ospedale, spero che, prima o poi, diventino di moda i colori, in questi ambienti talmente tristi quanto asettici. Il mio risveglio è stato non esattamente quello che ognuno di noi immagina, dopo essere rimasto vittima di un incidente stradale: niente raggio di sole sul viso, niente occhi che si dischiudono lentamente, niente Lolita semi addormentata che mi stringe la mano e che si ridesta commossa … solo un crepitio di oggetti di vetro vicino a me. Poi le visite di polizia, un avvocato tutto per me e mi ritrovo nei guai fino al collo. Mi chiedono di scrivere una sorta di resoconto, siccome sono accusato di guida in stato di ebbrezza, di pedofilia e di omicidio. Signori miei, spero che la lettura di questo resoconto non vi abbia annoiato troppo. Un’umile richiesta: punite con giustizia il sopravvissuto ad un terribile incidente stradale ed all’amore di una demoniaca, terribilmente sensuale ninfetta di nome Dolores Haze, in Dolly Schiller, in LOLITA.