Il ritratto di Dorian Gray
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Pensando a Hatty, si domandò se il ritratto fosse cambiato, adesso che aveva compiuto una buona azione. Salì le scale, ansioso e speranzoso al tempo stesso. Hatty per lui non era ormai nulla più che un’amica, forse anche meno. Tuttavia rappresentava una sorta di nuovo inizio. Dorian entrò. Sollevò il panno cremisi, fremendo. Il quadro era rimasto invariato, greve dell’orrore e dell’impudicizia di cui lo aveva sovraccaricato. Un gemito rabbioso gli sfuggì dalle labbra scarlatte. La delusione lo trascinò nuovamente nel baratro della vanità: non poteva sopportare l’idea di essere così disgustoso, quando aveva un aspetto tanto soave. Perché il ritratto rappresentava il vero Dorian.

La collera crebbe. Basil! Se solo non avesse mai dipinto quei suoi lineamenti fini incorniciati da capelli d’oro! Il desiderio di conservare in eterno il fiorente levigato viso, in quell’istante fu soppiantato dalla voglia di porre fine al peso sul suo cuore. Cosa poteva mai fare contro un desiderio espresso da egli stesso con veemente ardore? Il rimedio gli sovvenne: se pittore e opera fossero periti della stessa morte, sarebbe tutto finito. Scese a prendere il coltello in biblioteca. Tornò di sopra. Appena immerso nella penombra della stanza, però, scorse una sagoma. Serrò le dita attorno al coltello in tasca. Qualcuno stava cercando di portar via il suo ritratto. Un uomo alto, dai capelli nero corvino, la cui figura era ulteriormente slanciata da una marsina nera.
“Chi è lei e che cosa vuole?” chiese Dorian, con un tono aggressivo poco confacente ad un gentiluomo.
L’intruso, sorpreso, si girò di scatto, rivelando due occhi color porpora fosforescenti. Rapido come il vento, lo sconosciuto prese la tela, pronto a fuggire. Superato il terrore, Dorian si scagliò addosso al ladro con quanta forza aveva in corpo. Ci fu una colluttazione sul pavimento; il ragazzo dai riccioli biondi non distingueva nemmeno le fattezze di colui su cui si era avventato, ma gli strappò il ritratto di mano, lanciandolo a terra per avere entrambe le mani libere. Estrasse il coltello. I due bagliori porpora che spiccavano nel buio si restrinsero, segno che anche l’altro aveva incattivito lo sguardo. Dorian avrebbe tempestato di fendenti quell’insolente, poi gli avrebbe dato fuoco assieme ai resti del dipinto. Sollevò il braccio per colpirlo, ma l’altro lo bloccò.  L’attimo dopo, Dorian si ritrovò schiacciato contro il pavimento da quel tipo, il quale lo tratteneva nella più assoluta immobilità. Una stretta lancinante al polso costrinse Gray a lasciare il coltello, di cui l’intruso prese subito possesso, puntandoglielo alla gola.
“Lei è Dorian Gray?” domandò, con voce calda, insolitamente tranquilla e priva di affanno. Gli occhi rossi scintillavano più che mai.
“Sì. E lei?” ribatté Dorian, col fiatone.
Il sinistro fulgore color rubino si affievolì. Lo sconosciuto gettò via il coltello, si mise in piedi, aiutò il padrone di casa a fare lo stesso.
“Può chiamarmi Oscar, Vincent, Sebastian… anche Dorian, se vuole, non ha importanza. Sono qui per disfarmi del suo ritratto. Se non cercherà di fermarmi, non le farò alcun male.” rispose l’intruso.
Colpito da un raggio di luna mentre si apprestava a riprendere il dipinto, questi aveva l’aspetto di un ragazzo dai lineamenti sottili, dalla carnagione chiara e dall’aria alquanto spettrale. Aveva una bellezza inusuale, tetra, antitetica a quella di Dorian, ma non per questo inferiore. Come il giorno e la notte.

 

“La prego, mi dica chi è e perché è così interessato a quell’orribile…”
“Io so tutto del ritratto: sono un demone invocato da Sibyl Vane.”
Dorian trasalì; i suoi occhi azzurri si scontrarono con quelli porpora del demonio. Ghiaccio contro fuoco.
“Sibyl, lei… si è…come…?”
“Non si è suicidata. Mi ha offerto la sua anima a patto che distruggessi la tela con le mie mani. Si è votata a me, prima di pugnalarsi.” spiegò il demone.
Dorian rimase impietrito, si odiò, realizzò che era divenuto un bruto senza cuore. Sibyl aveva continuato ad amarlo senza riserve, malgrado lui l’avesse trattata come feccia. Povera dolce Sibyl, aveva sacrificato la giovinezza per lui, un corrotto! Intanto il demone estrasse dalla tasca un pugnale insanguinato e lasciò colare il liquido purpureo sul quadro. Al contatto con il sangue, la tela si corrodeva come arsa. Più il ritratto si disintegrava, più Dorian era sollevato. Però il rimorso tornò ad angustiarlo, più doloroso che mai.
“Non posso fare nulla per riportarla in vita?”
La creatura degli inferi lo guardò con impassibilità diabolica. Rispose:“No. Nulla.”
Dorian lo detestò a causa della sua insensibilità, ma poi si rese conto che lui era divenuto altrettanto glaciale. Ancora una volta l’azzurro e il porpora dei loro occhi si incontrarono. Quelli di Dorian erano pieni di lucciconi. Il demone gli annunciò che, da allora, avrebbe risentito dello scorrere del tempo e delle sue azioni.
Il giovane biondo lo fissò smarrito, lo ringraziò, pregò di ringraziare Sibyl.
“Non sono messaggero d’amore. Tuttavia, è raro per noi poter possedere un’anima candida come quella di Sibyl, dunque le ho promesso di riferirle queste parole:‘Io credo nella tua bontà, Dorian, perché è ciò che ho sempre visto in te. All’interno, dove si custodiscono le cose importanti. Ti amo.’” pronunciò il demone, con un’insolita delicatezza.
Dorian vide sul pavimento un frammento di tela sopravvissuto, una macchia di colore informe. Lo raccolse. Apparve l’immagine confusa di Sibyl. Il demone abbozzò un sorriso inquietante. Si avvicinò alla finestra, sussurrando:“Dorian Gray, lei non può fare più niente per salvare Sibyl. Ma può fare qualcosa per Sibyl.”
“Perché mi dice questo?”
“Voi esseri umani siete davvero curiosi: fate di tutto per assaporare l’eternità, e quando ne avete l’occasione, non sapete adoperarla. Vi trovo interessanti, quasi vi invidio...”
Per l’ultima volta Dorian vide quello scintillio rosso nel buio, dopodiché il demone sparì. Il pezzo di tela c’era ancora, però. Dorian lo osservò. La sofferenza dilagò nel suo petto, straziandolo e spingendolo ad un pianto quasi fanciullesco. Erano lacrime che non lavarono via le colpe –macchie indelebili– ma resuscitarono i buoni sentimenti sopiti nel cuore di Dorian.

 

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